Mario Draghi è pronto a dimettersi: “Trovatevi un altro premier”. L'ultimatum e le elezioni a giugno
La data del 31 marzo segnerà la fine dello stato di emergenza, ma potrebbe essere anche l’ultimo giorno di Mario Draghi alla guida del governo. La minaccia ai partiti è reale e il presidente del Consiglio non si è fatto tanti problemi a soffiare sul fuoco con la propria maggioranza: “Così non va, dentro o fuori. Non bisogna affossare i provvedimenti in Aula. Trovatevi un altro premier, è successo un fatto grave”. Secondo quanto riferito da Affari Italia Draghi ha usato toni forti nell’incontro di ieri con i capidelegazione della maggioranza, minacciando di innescare la crisi di governo dopo quanto successo sul Dl Milleproroghe. E tutte le forze politiche confermano la profonda irritazione dell’ex banchiere.
"Trovatevene un altro", a Draghi saltano i nervi: la sfuriata mai vista ai ministri
L’avvertimento non ha un destinatario specifico, ma riguarda tutti i partiti. Il timore di Draghi e con l’avvicinarsi delle elezioni politiche il clima diventi sempre di più infuocato: a Palazzo Chigi nessuno ha intenzione di vivere un anno intero guidando un governo che litiga continuamente in attesa del voto. Tali preoccupazioni sono state presentate anche a Sergio Mattarella, che ha ascoltato e preso atto dell’atteggiamento che vuole tenere il presidente del Consiglio. L’ultimatum ai partiti è chiaro: c’è tempo fino al 31 marzo, quindi 40 giorni, per cambiare andatura e dare seguito a quanto si decide nel Consiglio dei ministri. Senza capriole sui vari provvedimenti e dimostrando compattezza. Se non si arriverà a tale scenario il primo aprile Draghi si dimetterà senza troppi patemi d’animo.
Scontro sul decreto Milleproroghe: SuperMario vede i Draghi
Ma cosa succederebbe in caso di addio di Draghi? La maggioranza si sbriciolerebbe in un istante e Mattarella sa bene che non sarebbe possibile arrivare a fine legislatura. Non si proverà quindi a fare un nuovo esecutivo e si arriverebbe allo scioglimento immediato delle Camere per mandare i cittadini al voto a giugno, con elezioni anticipate di quasi un anno. Con conseguenze anche per i referendum, che slitterebbero.