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Niente referendum, l'eutanasia non si voterà

Carlantonio Solimene
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Il referendum sull’eutanasia non si farà. Dopo una camera di consiglio durata oltre tre ore, la Corte costituzionale ha deciso di dichiarare inammissibile il quesito che prevedeva l’«Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente)». Per scoprirne le ragioni occorrerà attendere che venga depositata la sentenza integralmente, nei prossimi giorni.

Nel frattempo, tuttavia, dalla Consulta si è fatto trapelare che la bocciatura dipende in gran parte dal fatto che, «a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili».
Sostanzialmente, il quesito, per come era formulato, avrebbe portato a una depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, ma con una serie di eccezioni. In particolare non sarebbe stato ammesso nel caso in cui fosse stato perpetrato contro un minorenne, una persona inferma di mente o in condizioni di deficienza psichica dovute all'assunzione di alcool e droghe o, ancora, contro una «il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno».
Tuttavia, dall’abrogazione parziale del’articolo 579 del codice penale sarebbe emerso un testo in cui non si prevedevano esplicitamente le casistiche in cui l’omicidio del consenziente era ammesso, allargando eccessivamente le maglie della legge.
Le varie organizzazioni Pro Life hanno accolto con soddisfazione il verdetto. «È stata sventata una deriva mortifera - ha detto Jacopo Coghe, presidente del Comitato "No all’Eutanasia Legale" - ma incombono ancora spinte eutanasiche che ora il Parlamento è chiamato a scongiurare». «A questo punto il Parlamento si riappropria delle proprie prerogative e noi saremo particolarmente attenti che non rientri dalla finestra quello che la Corte costituzionale ha detto chiaramente che non può entrare dalla porta» ha puntualizzato invece Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita, associazione che lavora in sinergia con la Cei sui temi del fine vita. 
Delusione, al contrario, tra i promotori del quesito. «Una brutta notizia per la democrazia nel nostro paese, sarebbe stata una grande occasione su un tema che tocca la società italiane, e soprattutto le persone che saranno costrette ad attendere ancora molto tempo. Ma la battaglia per l’eutanasia legale non si ferma» avvisa Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
La palla, quindi, torna al Parlamento, chiamato a intervenire dopo i ripetuti pronunciamenti della Consulta che avevano imposto alle Camere di legiferare sul tema. Alla Camera è incardinata una proposta di legge sul suicidio assistito che interviene però sull’articolo 580 del codice penale e non sul 579. Un testo di compromesso che, però, potrebbe non avere vita facile a causa del voto segreto, con possibili defezioni nel campo del centrosinistra come già accaduto con il ddl Zan.
Nel frattempo la politica si divide sulla decisione della Consulta. Salutata con favore da Giorgia Meloni («quesito inaccettabile ed estremo») e accolta con amarezza dal centrosinistra. Per Enrico Letta «la sentenza deve spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa». Giuseppe Conte, capo politico (seppur «sospeso») dei Cinque stelle, sostiene che «non possiamo gettare al vento le firme e la partecipazione dei cittadini. È imperativo del Parlamento dare una risposta subito a tutela della dignità di tante persone e famiglie che soffrono». Matteo Salvini si è invece limitato a dire che «la bocciatura di un referendum non è mai una buona notizia».
Oggi i giudici decideranno su altri sette quesiti, a cominciare da quello per la legalizzazione della cannabis. Gli altri sei sono stati promossi da Lega e Partito Radicale e vertono sui temi della giustizia. In particolare su ordinamento del Csm, responsabilità diretta dei magistrati, separazione delle carriere, limiti custodia cautelare e abolizione della legge Severino.

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