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Emergenze trascurate. Dopo Quirinale e Sanremo è ora di occuparsi della vita vera

Hoara Borselli
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Siamo un Paese in perfetta distonia con la realtà, sospeso fra la pantomima quirinalizia e i monologhi di Sanremo. Fiumi di inchiostro che raccontano di liti, divisioni, malumori e riassetti politici, che si sovrappongono ai più disparati commenti rispetto al fenomeno di costume più longevo del panorama televisivo italiano, quale il Festival di Sanremo. Si parla di tutto e sembra non esserci mai sufficiente spazio per raccontarci la verità. Non posso non citare una frase Orwell, così attuale da giustificarne l'abuso che ne faccio «nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario». E quale sarebbe quella verità così rivoluzionaria da tenerla quasi celata per non interrompere l'incanto della narrazione di cui forse le nostre menti hanno bisogno? Semplicemente questa, ovvero che si parla di tutto ma non di vita vera , quella dove due milioni di famiglie, 5,6 milioni di italiani, vive nella miseria più nera. Un dato fornito dall'Istat che parla di quella povertà di chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, di chi indigente lo era già prima del Covid e che la pandemia ha ridotto sul lastrico. Per molti questi dati sono solo un dettaglio numerico e come tale può essere accantonato come una notizia di second'ordine.

 

 

Del resto l'attenzione dei media è catalizzata su Achille Lauro, sui look stravaganti di Orietta Berti o sui monologhi politicamente corretti. Non c'è spazio per parlare di povertà e forse neppure la necessità di dover sottolineare l'aumento del tasso di disoccupazione, della sproporzione fra il caro vita e gli stipendi sempre più bassi, del fatto che mentre da noi le buste paga si sono ridotte del 3% negli ultimi 30 anni, in Germania sono salite del 34% ed in Francia del 31%. Berlino e Parigi possono permetterselo verrebbe da pensare, però non dimentichiamo che l'euro avrebbe dovuto accorciare le distanze e non aumentarle. Del resto dalla BCE ci assicurano che a fine anno, l'aumento dei prezzi si sarà ridotto dal 5 all'1,8%. Dovremmo sentirci consolati da queste rosee prospettive ma gli scarni carrelli della spesa e il vuoto nelle tasche ci restituiscono una realtà diversa, ovvero che i rincari ci stanno attanagliando con una violenza da non lasciare scampo a milioni di italiani. Siamo travolti da un caro bollette di gas e luce che a ricasco ha reso i beni, una volta definiti accessibili, un lusso riservato per pochi. Un carovita arroventato che spalleggia una disoccupazione in crescita a scapito di una precarietà dirompente. Un Paese in balia di un assistenzialismo che non regge, che trova nel Reddito di cittadinanza l'unico incentivo di sopravvivenza, regalando la falsa illusione di essere l'unico strumento in grado di sopperire alla piaga occupazionale.

 

 

Da due anni a questa parte, l'unica curva di cui si sente parlare è quella relativa al numero di contagi, ignorando quella che segna la crescita esponenziale delle diseguaglianze che ha generato. Migliaia di bambine e bambini lasciati indietro, sul versante educativo, perché mancavano degli strumenti e il supporto necessario per la didattica a distanza. Sul fronte del lavoro si è fatto finta di non vedere quanta differenza passasse fra «garantiti» e «non garantiti». Un sistema sanitario frammentato e fortemente diseguale, per cui l'accesso alle cure era determinato dal luogo di residenza. Sembra non preoccupare il tema del disagio psichico che sta colpendo i giovani e della loro povertà educativa, essendo i ragazzi il futuro del nostro paese. Una generazione di sbandati che si rifugiano in un «isolamento sociale» fra le mura di casa, o trasformano la loro rabbia in ribellione e violenza riversandosi sulle strade come schegge impazzite alimentando il fenomeno di quelle babygang che non sono più un isolato fenomeno di teppismo da periferia. Ora che il Presidente Mattarella ha ri-giurato, e Sanremo ha il suo vincitore, è finito il tempo delle attenuanti ed è ora di occuparsi di vita vera.

 

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