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Green pass, quarantene e mascherine: ma quale normalità "nuova". Il governo ci prende ancora in giro

Hoara Borselli
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Se dovessimo raccontare la pandemia come una rappresentazione, il teatro dell’assurdo di Beckett trova la sua analogia più stringente: dialoghi senza senso, azioni ripetitive o prive di significato e trame non realistiche o impossibili dove  i personaggi sono intrappolati in situazioni “assurde” e incomprensibili, prive di eventi realistici e azioni logiche. La trama è costituita da un susseguirsi di situazioni di vuota immobilità, in contesti di un’esistenza disarticolata. Eccolo lo specchio della messa in scena pandemica quotidiana, dove gli attori non cambiano e l’Italia rimane sempre al punto di partenza.

È necessario sgombrare per un attimo  il campo dall’ipocrisia per capire cosa si celi dietro la parola “ Dignita’”,ripetuta per ben 18 volte  dal Presidente della Repubblica nel suo discorso di giuramento davanti le Camere riunite per il suo nuovo insediamento. Se tutta la stampa  si è concentrata su questo nobile sostantivo al punto da riservare titoloni quali “La dignità di un Paese”(La Stampa), “L’Italia della dignità”
(La Repubblica), c’è un passaggio nel discorso pronunciato davanti alle Alte Cariche dello Stato in visibilio ,che sembra sfuggito e che merita almeno un accenno. “Dovremo impegnarci per una normalità nuova dopo la pandemia anche premiando i cittadini per il modo esemplare in cui si sono comportati in questi due anni".

Cosa intendeva il Presidente Mattarella per “normalità nuova”? Da quando esistono diverse declinazioni rispetto al concetto di normalità? Sconfortante pensare che possa essere accolta con ovazione la volontà di instillare nelle menti degli italiani un concetto di mezze libertà e farle passare come una nuova realtà cui ci si debba abituare. Ci troviamo difronte ad una palese distorsione: si vuole far passare una cosa per un’altra, con la pretesa che basti pronunciare le parole “aperture” o “superamenti di divieti” per ergerli a conquista di libertà,quando nella sostanza ne sono il paradosso. Prendiamo il titolo del Messaggero:
“Draghi: l’Italia verso la riapertura. Greenpass senza limiti” Associare il Paese che riapre,al lasciapassare verde,è un ossimoro. Regala una falsa narrazione che può essere facilmente smontabile nei fatti.

Fine della Dad? No. Per i vaccinati andranno a scuola con mascherina Ffp2 per dieci giorni dall’ultimo contagio mentre tutti gli altri a rischio quarantena. E questo vale sia per le scuole materne fino alle superiori. Il sistema delle zone a colori è rimasto ancora in vigore. Le discoteche rimangono ancora chiuse e non sappiamo con precisione quando riapriranno

Senza super green pass non si può viaggiare sui mezzi pubblici,  non si può andare a ritirare la pensione, pagare le bollette, andare dal tabaccaio e o dal parrucchiere.
Sopra i 50 anni rimane l’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori. Mascherine all’aperto in zona gialla obbligatorie per tutti.
Uno Stato d’emergenza, ad oggi sulla carta,in scadenza il 31 Marzo.

Siamo veramente più liberi,aperti e sicuri? Come mai attività che, nei giorni più bui della pandemia, quando ancora non esistevano i vaccini e gli ospedali erano veramente intasati, e venivano  considerate fondamentali e liberamente frequentabili , oggi sono precluse a molti? Perché i luoghi di lavoro in cui prima si poteva entrare oggi sono vietati a chi non si sottopone al tampone? Se siamo liberi e aperti, perché restano divieti, proibizioni e limitazioni?

La risposta è semplice e duplice: o non siamo liberi o veramente è stato stravolto il concetto di libertà. A prescindere da quale delle due spiegazione sia la più veritiera, ciò che preoccupa di più è l’accettazione silente di questo cambiamento e gli applausi scroscianti alla “nuova normalità” paventata da Mattarella ne sono stati la riprova. Viene da chiedersi se quella politica che si è spellata le mani per ben 53 volte abbia il coraggio o l’intenzione di intervenire per cambiare realmente lo stato delle cose

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