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Si ruba alla Camera. Allarme furti a Montecitorio: deputati depredati da altri deputati

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Ritrovato dietro un divanetto del Transatlantico il cappotto che aveva fatto gridare al ladro la senatrice pentastellata Cinzia Leone durante le elezioni del capo dello Stato a Montecitorio, resta però sempre alto il rischio furti alla Camera. Se alla senatrice grillina è andata bene, infatti, non possono dire lo stesso tutti quegli parlamentari che hanno dovuto fare i conti con la mano lesta del Palazzo. Nel corso delle varie legislature è sparito di tutto: penne di pregio, portafogli, agende telefoniche, qualche prezioso delle signore, collane, borsette e persino pellicce, un profluvi di cappotti, naturalmente, specialmente di cachemire come quello blu dell’allora portavoce di Silvio Berlusconi, l’azzurro Paolo Bonaiuti.

Gli onorevoli Lupin della Camera hanno agito incontrastati, prevalentemente nelle zone più frequentate, il "Corridoio dei passi perduti" innanzitutto, l’ala fumoir, il cortile interno, i divani dei corridoi, anche quelli della Corea, le toilette, gli uffici delle Commissioni. L’Aula stessa non è più un luogo sicuro. Anche qui, negli ultimi anni sono spariti soprattutto Ipad, portatili e cellulari, carte di credito. Persino un navigatore satellitare da barca. I "ladri" hanno colpito soprattutto nelle giornate di pienone, quando l’emiciclo si trasforma in un porto di mare o in una casbah, a seconda dei punti di vista. "Semplicemente queste cose accadono nelle mezze stagioni - dice divertito all’Adnkronos Gianfranco Rotondi che nel 2000 non trovò più il trench con le chiavi di casa in tasca - Capita che chi è uscito col cappotto, poi dentro ha caldo e lo dimentica, mentre chi, invece, è uscito senza soprabito, ha freddo e prende quel che trova in giro...".

I più gettonati, dunque, sono i cappotti. «Fu una cosa incredibile», disse Bonaiuti quando raccontò ai cronisti parlamentari come scomparve il suo overcoat: «Appoggiai il mio bellissimo cappotto su un divanetto a fianco dell’ingresso in Aula, parlai con Casini, uscii per scambiare due chiacchiere con alcuni amici e collaboratori e andai a bere un bicchier d’acqua. In tutto sarò stato impegnato quindici minuti. Beh, al ritorno il cappotto non c’era più...». Memorabile, poi, fu il "colpo" inferto all’ex ulivista Elisa Pozza Tasca nel 2008: il suo visone, color crema, stimato 8 mila euro, era stato adagiato su una poltrona dell’agenzia di viaggi interna, poi, complice una telefonata improvvisa, la pelliccia si è volatilizzata come per magia.

Vittima dell’onorevole Diabolik è stata pure la parlamentare leghista Paola Goisis, che nel 2012, prima della pausa natalizia, denunciò la scomparsa della sua collana d’oro del valore di tremila euro. Corsa in Aula per votare, dimenticò il prezioso monile in una borsa su un divanetto. «Eravamo in tempi di regali - spiegò alla stampa l’esponente del Carroccio - e lasciai la mia borsa blu, quella con il logo della Camera che usiamo per mettere dentro fogli e scartoffie su uno dei divani rossi del Transatlantico perché era suonata la chiama e sono corsa dentro a votare». Ritornata alla borsa dopo qualche minuto, Goisis la ritrovò con tutte le carte, senza però l’astuccio con dentro il gioiello di famiglia. Da ultimo, il caso del deputato M5S, Alessio Villarosa: pure lui, nella passata legislatura perse il cappotto: presentò formale denuncia presso il commissariato di polizia interna, ma il suo soprabito non è stato più ritrovato.

 

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