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Elezioni amministrative, il centrodestra diviso rischia il cappotto dalla Sicilia a Verona

Gaetano Mineo
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Giorgia Meloni vuole rifondare il centrodestra. Matteo Salvini, invece, lavora a una federazione di non si sa che cosa. Mentre Silvio Berlusconi ha già sterzato al centro, smarcandosi sempre più dagli alleati dopo lo tsunami abbattutosi sulla coalizione in occasione della rielezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato. In estrema sintesi, centrodestra a pezzi. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sembrano sempre più distanti e questo potrebbe portare a un harakiri in vista delle prossime Amministrative di primavera (probabilmente a maggio, pandemia permettendo) dove si voterà in circa mille Comuni, tra cui quattro capoluoghi di regione: Palermo, Genova, Catanzaro e L’Aquila, oltre a città importanti come Parma, Verona, Piacenza, Padova, Taranto, Como e La Spezia.

 

Per non parlare delle Regionali in autunno in Sicilia, dove già la Meloni, proprio in queste ore di scosse telluriche, ha messo il cappello sulla ricandidatura del governatore Nello Musumeci. In una nota, FdI non solo «considera naturale la ricandidatura alla presidenza della Regione di Nello Musumeci» ma dal partito della Meloni si rimarca che «tra Fratelli d’Italia e Diventerabellissima, il movimento del governatore, si è stabilito sin d’ora un rapporto di costante consultazione per affrontare insieme gli obiettivi prioritari politico-programmatici legati allo sviluppo della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia».

 

Una fuga in avanti, quella della Meloni, non senza rischi. Perché è impensabile che Musumeci possa essere riconfermato governatore con il solo appoggio di Fratelli d’Italia. Il che vuol dire, prima o poi - meglio prima - che il centrodestra deve tornare compatto se vuole vincere. E non solo in Sicilia e a prescindere dalle legge elettorale. Perché nei Comuni, com’è noto, saranno maggiormente più importanti i responsi dei ballottaggi, e lì si vince solo con coalizioni granitiche. Non è retorica ricordare i flop del centrodestra alle scorse amministrative di Roma e Milano, per fare soltanto due esempi di «peso». E per tracciare lo stato dell’arte attuale, non c’è dichiarazione migliore che quella rilasciata in queste ore dal leader di Noi con l'Italia, Maurizio Lupi: «Le scoppole che si prendono in faccia dalle Amministrative a oggi servono se si parla degli errori e ci si corregge, altrimenti ci fanno deflagrare». 

Intanto, i leghisti sentono puzza di bruciato. Sui territori si chiedono se, stante che i berlusconiani sono sempre più tentati dal grande centro e più attenti a Matteo Renzi che alla Meloni, questa navigazione a vista del centrodestra non sia il segnale per il «tana libera tutti». Un fatto è certo, se entro febbraio non ci sarà un vertice ufficiale dei leader che abbia in agenda anche le amministrative, nel centrodestra, nessuno sarà in grado di scrivere il finale.

 

Il voto in alcuni Comuni
Il caso Verona sarà un appuntamento con le urne interessante. Nella storica roccaforte, prima della scossa tellurica quirinalizia, la Lega aveva accettato la ricandidatura dell’uscente civico Federico Sboarina, nonostante lo scorso giugno il sindaco è passato a Fratelli d’Italia. Ma ora è tutto da rifare. Urne «calde» anche a Genova dove favorito è l’uscente Marco Bucci. Ma il commissario leghista in Liguria, Edoardo Rixi, ha già dichiarato: «Se Bucci dicesse "vado verso il centrosinistra" sarebbe un problema». Il riferimento è all’apertura verso Italia Viva lanciata dal sindaco. In pratica non sarebbe gradito un sindaco vicino al governatore Giovanni Toti. E qui, torna con forza il centro.

Una bella occasione potrebbe essere Parma, per il centrodestra, dove Federico Pizzarotti è arrivato quasi al termine del suo secondo mandato e quindi non sarà di nuovo presente in queste amministrative. La coalizione intende scommettere sulla candidatura dell’ex sindaco Pietro Vignali. Ma solo un centrodestra più che solido potrà competere degnamente. Senza un solido accordo, la coalizione rischia anche a Catanzaro. Qui l’attuale sindaco Sergio Abramo, arrivato quasi al termine del suo quarto mandato, non parteciperà alla competizione. E fino a oggi, dopo anni di dominio della coalizione, non c’è traccia di un’intesa tra i vari partiti sul nome del possibile candidato.

Banco di prova importante sarà anche Palermo. Un voto propedeutico alla Regionali d’autunno e primo segnale in vista della Politiche del 2023. Nel capoluogo siciliano, l’unica cosa certa è che non sarà della partita Leoluca Orlando, l’attuale sindaco di centrosinistra che sta per terminare il suo secondo mandato consecutivo. Per il resto, mentre il centrodestra continua a litigare, si fa avanti con forza il grande centro che in questa tornata potrebbe essere fortificato dalla Dc rinata per iniziativa di Totò Cuffaro pronto a sparigliare tutto.
 

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