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Niente elezioni anticipate, vince il partito del portafoglio

Dario Martini
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Giorgia Meloni lo ha detto senza girarci intorno: «Siamo in un Parlamento che ha preferito barattare sette anni di presidenza della Repubblica con sette mesi di stipendio e di legislatura». Già, sette mesi di stipendio. Se il governo non cadrà prima saranno anche di più. Tredici mensilità fino alle elezioni di marzo 2023. Tredici mesi di soldi, bei soldi, che arriveranno regolari con le buste paga di Camera e Senato. La leader di Fratelli d’Italia non è l’unica a dare questa lettura sulle reali motivazioni che hanno portato alla rielezione di Mattarella al Quirinale. Anche all’interno degli altri partiti c’è chi ammette la cruda verità. Ma nessuno, dei diretti interessati che hanno rinnovato l’incarico al capo dello Stato, dirà mai pubblicamente che è stato mosso unicamente dal vil denaro.

 

 

 

 

 

Non percepire più indennità, diaria e rimborsi vari, avrebbe significato perdere circa 14mila euro al mese per un deputato e quasi 15mila euro per un senatore. Spalmati su tredici mensilità diventano tra i 180 e i 190mila euro. Per chi non ha un lavoro, soprattutto tra le file grilline, sarebbe stata una vera e propria tragedia. Non è un caso che le truppe sciolte del Movimento 5 Stelle abbiano spinto molto per la riconferma di Mattarella ribellandosi alle direttive di Conte. La forza politica che, secondo tutti sondaggisti, dovrebbe perdere il maggior numero di parlamentari alle prossime elezioni politiche è proprio il M5S. Attualmente sono 230 i parlamentari grillini tra Camera e Senato (un altro centinaio sono gli ex M5S che hanno lasciato il Movimento negli ultimi quattro anni). Molti di loro non verranno rieletti per il vincolo dei due mandati. Ma anche a causa della riforma che ha ridotto di un terzo i parlamentari. Insomma, è evidente che sono all’ultimo giro. Questo discorso, però non vale solo per loro. Solo FdI voleva chiaramente il voto e non lo ha mai nascosto.

Le malelingue hanno tirato in ballo anche la perdita del vitalizio. Ma quello non sarebbe andato comunque perso grazie a due sentenze emesse nei mesi scorsi dagli organismi interni di Camera e Senato che hanno spianato la strada per la pensione anche agli eletti che non hanno maturato i requisiti di quattro anni e sei mesi di contribuzione. Per loro sarebbe stato sufficiente pagare tremila euro al mese come contributo volontario.

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