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"Altri hanno tradito e non avevo scelte", lo sfogo di Salvini

Francesco Storace
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Chissà quante notti in bianco per arrivare poi a dover dare il suo consenso a Sergio Mattarella. E il giorno dopo non scappa, non si rifugia in casa ma affronta le telecamere a viso aperto. Matteo Salvini sente di aver fatto ciò che doveva e poteva fare. Ed è orgoglioso dei suoi grandi elettori, «deputati e senatori, governatori e delegati regionali, tutti compatti, davvero una grande squadra». In effetti non è mancato un solo voto, non c’è stata una sola voce stonata.

Ovviamente ci sarà sempre chi si cimenta nel tiro al piccione. Come se - ragiona deluso - fosse stato lui a ordinare a mezzo gruppo parlamentare di Forza Italia di non votare Elisabetta Casellati. Ma non vuole reagire a muso duro, neppure quando legge le parole di Giorgia Meloni contro di lui in un momento di indubbia difficoltà politica. «È un’amica, non commento».

«Ho creduto fino in fondo che il centrodestra fosse unito graniticamente, ma ho creduto male perché i fatti mi hanno dato un’altra dimostrazione», racconta il leader della Lega: e fa notare che «qualcuno nel centrodestra è scomparso nel senso che la Lega ha sempre votato compatta le proposte della coalizione, qualcuno in Forza Italia e in Coraggio Italia no, mi sembra evidente e questo andrà chiarito sicuramente». Qualcosa da rimproverarsi? «Io ho lavorato per fare sintesi, la Lega ha cercato di essere collante tra chi voleva andare da una parte e chi dall’altra. Noi siamo stati centrali, e non abbiamo mai sgarrato di un millimetro».

Salvini spiega anche che cosa è successo l’ultima notte, quella in cui sembrava destinata al Quirinale Elisabetta Belloni. Su di lei c’erano Pd e Cinque stelle ed era gradita a Giorgia Meloni. E anche lui se ne era convinto. Poi la retromarcia di Enrico Letta, che ha subito l’arrabbiatura di Matteo Renzi. Al voto per Mattarella si è arrivati dopo peripezie e delusioni, probabilmente forti anche sul piano umano. Non credeva lui, invece, quando ha visto i grandi elettori di Fdi votare solitariamente per Guido Crosetto, nonostante la presentazione il giorno prima della «rosa» composta da Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera. Non se lo aspettava dalla Meloni.

Poi, Forza Italia, con quei troppi voti negati alla «sua» Elisabetta Casellati. E i dubbi sull’operazione, e su chi l’avesse pilotata. Ma Salvini in quei giorni ha scelto di non litigare con quelli che considerava alleati. Giorno dopo giorno, il Pd respingeva ogni proposta per il Colle da parte del centrodestra. Voleva evitare il trasloco di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale - e non era il solo - il premier sarebbe stato travolto dai franchi tiratori, e il governo sarebbe crollato. E voleva evitare Pierferdinando Casini, non per antipatia personale ma per un’operazione politica che non condivideva. Quali alternative credibili a Mattarella dopo tutto questo?

Nella testa del leader della Lega non frullano vendette, né risentimenti. Riflette su un’alleanza che non ha tenuto e legge amaro proprio quel che ha detto la Meloni. Forse è quel che gli ha fatto male, ma vuole lasciarsi alle spalle l’amarezza. Magari la tentazione di spedirle un messaggio, una brutta parola, ma a che serve litigare. Sarebbe uno spettacolo comunque indegno, anche se vissuto in una conversazione a due. E non è neppure il momento di scherzarci su, in queste ore non si capisce neanche l’ironia...

Bisogna già pensare al domani. «Se c’è qualcuno che nel centrodestra non si sente a suo agio il mondo è grande, se qualcuno vive di nostalgia, pensa ai minestroni, "proporzionaloni" e frittatoni, torna indietro di 40 anni, non lo fa con noi». E le elezioni del 2023? «Ci sarà chi ci sarà». Tra domani e martedì assieme a Giancarlo Giorgetti vedrà Mario Draghi. Nel governo qualcosa dovrà cambiare. Un rimpasto? E chi lo può dire, oggi, se il governo è più forte o più debole. Ma certo è che non si può continuare ad andare avanti cosi: «Ragioneremo di tutto, sicuramente la priorità della Lega, del governo, del paese, non è una legge elettorale proporzionale». Che semmai può arrivare se si arriva al tutti contro tutti nelle coalizioni.

E Giorgetti? Non ci sono problemi che non si risolvono, dice il segretario, che ha visto sinceramente vicino in questa vicenda il suo vicesegretario. Ci preoccupa l’Italia, «non è questione di rimpasto. Ma i problemi sono rilevanti. Se il governo è una squadra deve essere una squadra». «Non ci possono essere ministri che fanno e alleati che disfano».

E il partito? Non ci sarà la resa dei conti che i media rilanciano ogni giorno. Da una parte perché la Lega è saldamente nelle mani del leader e poi perché il domani va costruito insieme. Anche perché tutti sono rimasti scottati dagli alleati. Meglio rimettere a posto gli arredi che non vanno più che pensare a traslocare. Anche perché davanti ci sono nuove battaglie in cui credono tutti, a partire dai referendum sulla giustizia. La politica non si è conclusa ieri. Magari si troveranno nuove alleanze.

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