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Il calvario del Conte dimezzato. Grillo e Di Maio spine nel fianco di Giuseppi

Carlo Solimene
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Per dare un’idea di come sia velleitario pensare di fare affidamento sul gruppo più numeroso di grandi elettori - i cinquestelle - per dare un nuovo presidente della Repubblica all’Italia basta ripercorrere alcuni flash della giornata di ieri. Prima scena: mattina, telefonata Conte-Grillo. La notizia doveva rimanere riservata. Poi, come sempre accade, trapela. E viene fuori la prima interpretazione. L’«Elevato» avrebbe detto al capo politico di rimuovere il veto su Mario Draghi al Quirinale. A smentire questa suggestione interviene Grillo in persona nel secondo flash della giornata. Pomeriggio, maratona Mentana su La7. Il conduttore riceve una telefonata dal fondatore che, in diretta, dice che è tutto falso, che con Conte non si è mai parlato di Draghi e che lui sposa appieno la linea del Movimento.

 

Allora di cosa si è discusso nella famosa telefonata? Per comprenderlo occorre fare un passo indietro. Terza scena: ora di pranzo. Conte arriva a Montecitorio e definisce la candidatura della Casellati uno «sgarbo istituzionale», di fatto affossandola. Mistero risolto: Grillo, sostanzialmente, ha fiutato la tentazione dell’ex premier di dare seguito alla «piena sintonia» registrata nei giorni scorsi con Salvini e di ricreare l’asse gialloverde. A partire, appunto, dalla convergenza sulla Casellati. Uno scenario intollerabile per il comico, che si è speso più di tutti per riportare il Movimento nell’alleanza di centrosinistra. Conte ubbidisce e si ritorna al punto di partenza. Salvini non gradisce e quando, a sera, gli chiedono se c’è ancora «sintonia» con Conte risponde con un secco «no».

 

Non finisce qui. Perché, ancora prima, c’è da registrare la quarta scena. Nello scrutinio della terza votazione vengono contate 125 schede per Sergio Mattarella. Non c’è bisogno neanche di indagare, perché i «colpevoli» confessano subito. A parlare è il senatore brillino Primo Di Nicola: «Siamo in tanti e potrebbero aumentare sempre di più i voti per il Presidente Mattarella. Attenzione alle trattative improbabili, e basta a candidati divisivi». L’avviso a Conte è esplicito: non illuderti che l’accordo con Salvini per eleggere un presidente di parte e far finire la legislatura stia in piedi, perché una larga parte di noi non ti seguirà.

 

Così, a fine giornata, il Conte dimezzato si ritrova nuovamente a gestire una maionese impazzita dove una parte risponde a lui, una a Di Maio e una - probabilmente maggioritaria - risponde esclusivamente a se stessa. E cioè alla necessità che, qualsiasi sia il presidente, la legislatura resti blindata fino al 2023.

Ci sarebbero poi altri flash indicativi da elencare. Come la reazione immediata dal Fatto quotidiano quando si diffonde la voce di un incontro tra Matteo Salvini e Sabino Cassese. «Il giurista che paragonò Conte a Orban» titola l’edizione online del giornale di Travaglio, seppellendo immediatamente anche quella pista. Infine, a sera inoltrata, mentre comincia il vertice di centrodestra in cui si ipotizza la carta Casini, subito «fonti qualificate» dei Cinquestelle fanno sapere che «in quel caso noi passeremmo all’opposizione». Così, di veto in veto, si arriva all’ecumenica dichiarazione finale di Conte: «Non abbiamo detto no a nessuno, ma sì al patto con i cittadini». Che non vuol dire niente, ma permette rinviare il problema un po’ più in là. «Adda passà ’a nuttata».

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