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Tre signornò che si vedono per sfornare un tweet. Da Conte, Letta e Speranza nessun nome per il Colle

Francesco Storace
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Tre signornò vorrebbero ri-conquistare il Quirinale, ma non sanno che pesci prendere. È stato Giuseppe Conte ad offrire a casa sua il caffè ad Enrico Letta e a Roberto Speranza – presente in rappresentanza del suo partito mignon – ma non c’era zucchero. Il dolce – il nome per il Colle – non lo trovano. Però sono stati capaci di elaborare un tweet a tre firme che ha fatto sbellicare di risate il web, sembravano Qui, Quo e Qua che si contendevano il primato al gioco del Nulla. No a Silvio Berlusconi. No al centrodestra. No ad una soluzione qualsiasi. Il vocabolario di Conte, Letta e Speranza è tutto qui. Sembravano fermi ad un sogno, la doppietta Sergio Mattarella al Quirinale e Mario Draghi a Palazzo Chigi, ma non pare che sia aria e quindi ne parlano solo se sicuri di non essere ascoltati. Perché Mattarella non ne vuole proprio sapere se non c’è l’ok di tutti e per l’intero secondo mandato; e perché su Draghi Conte ha seri problemi interni ai Cinque stelle e pure il partitello di Speranza non è che muoia dalla voglia di promuovere il premier. Quindi, che fare? No, non era Lenin ma il trio twittarolo che al massimo può parlare solo male di Silvio Berlusconi. Con gli applausi della curva rossa e l’invito della pasionaria bianca Rosy Bindi ad uscire dall’aula se il centrodestra osasse persistere nella candidatura del suo fondatore alla presidenza della Repubblica. Alla faccia della segretezza del voto che chiedono di garantire a Roberto Fico. Hanno paura di perdere nonostante la tracotanza, evidentemente. Il motto di giornata è stato infatti che “nessuno ha diritto di prelazione sul Colle.

 

 

È il momento della responsabilità per i partiti di maggioranza: non ci sono i presupposti per Berlusconi al Quirinale. Prima il centro destra supererà questa contraddizione, prima potremo scegliere insieme il candidato migliore”. Tutto qui. Poi, per Enrico Letta la consuete foto di giornata con le presidenti dei gruppi Pd di Camera e Senato Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Ma nomi sul tavolo nessuno. Cercheranno un nome condiviso “per garantire continuità al governo” (questo lo sostiene Letta che vuole Draghi al Colle), “nella consapevolezza dei problemi che ne seguirebbero” (lo dice Conte che non lo vuole). E lo stesso Conte poi si è dovuto fare accompagnare dall’autista alla Farnesina per spiegare a Luigi Di Maio il casino in cui si sono cacciati e ne è uscito fuori un pietistico “salvaguardare la figura del premier” per evitare alzate di scudi interne ed esterne. Particolare curioso: sia Letta che Conte si sono preoccupati di sondare uno alla volta l’opinione di Nicola Fratoianni, l’estremista di Sinistra italiana, ma nessuno di loro due ha spiegato perché al vertice di centrosinistra non è stato invitato Matteo Renzi per Italia Viva. Probabilmente lo hanno già espulso dalla loro coalizione… Il che la dice lunga sullo stato comatoso del cosiddetto fronte progressista, incapace di darsi una strategia ma precisissimo nello scegliersi con cura i nemici in una battaglia campale come quella per il Colle. Ed è indicativo su come si rifiuti nei fatti ogni dialogo che pure a parole si rivendica.

 

 

 

Sarà davvero complicato per il trio twittarolo trovare un sentiero comune nel quale tentare di camminare assieme per battere l’avversario con cui comunque si governa. Primo, perché devono spiegare l’incredibile alzata di scudi contro Berlusconi che è loro alleato nell’esecutivo di Draghi; secondo, perché escludono Renzi dalla discussione. L’impressione è che sarà una partita lunga quella che comincerà lunedì con il primo scrutinio a maggioranza dei due terzi dei grandi elettori. Se non esce fuori una proposta in grado di creare un’intesa oltre le attuali coalizioni, è difficile per chiunque. Eppure, materia per aggregare gruppi parlamentari a coalizioni non dovrebbe mancare, tra postazioni istituzionali esistenti e personalità di indubbio rilievo. Ma siamo ancora ai preliminari.

 

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