Quirinale, Berlusconi congela il vertice del centrodestra e resta ad Arcore. Matteo Salvini: "Si farà in settimana"
Nel giorno in cui il fronte progressista si vede per fare il punto sulla partita del Colle, salta il vertice di centrodestra che avrebbe dovuto sciogliere il nodo legato alla candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale. La data cerchiata in rosso per il summit a Villa Grande era quella di domani, ma le convocazioni non sono partite e l’appuntamento è stato tolto dall’agenda senza essere ufficialmente rifissato.
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Il presidente di Forza Italia, messo alle strette dagli alleati impazienti di conoscere la reale entità dei numeri a sostegno della sua corsa alla presidenza della Repubblica, ha deciso infatti di non muoversi ancora da Arcore. Un modo per prendersi un po’ di tempo e tenere sulle spine gli alleati, in particolar modo Matteo Salvini che nei giorni scorsi aveva indicato come deadline la giornata di lunedì per chiudere il discorso. Proprio il segretario della Lega assicura tuttavia a LaPresse che il summit “si farà entro questa settimana, come abbiamo promesso. Attendiamo da Berlusconi la sua scelta. Abbiamo l’ambizione di fare una proposta di centrodestra e di altissimo livello”.
Insomma, alla fine la residenza romana del Cav dovrebbe riaprirsi, c’è chi dice già nel fine settimana, anche se non si esclude un rinvio alla prossima, magari a ridosso della quarta votazione a Montecitorio.
Il vertice, d’altronde, era stato calendarizzato per capire se Berlusconi ha intenzione di sciogliere la riserva andando avanti oppure se preferisce optare per il passo indietro. In entrambi i casi, i tempi non sarebbero ancora maturi, e perciò al momento il Cav tiene la situazione in stand-by. Per Vittorio Sgarbi poi, che nelle ultime settimane ha passato molto tempo al telefono per sondare gli umori dei grandi elettori, ci sarebbe anche la possibilità che l’uomo di Arcore non torni a Roma. “Se decide di non candidarsi, può comunicarlo al telefono”, spiega, ricapitolando i numeri dell’operazione scoiattolo, che sembra ormai essersi arenata: “Sono 498 i voti per Berlusconi se votasse tutto il centrodestra, ma ci sono gli impossibilitati perché in quarantena o no vax, per cui secondo me diventano 420-410”. Pochi, troppo pochi per andare fino in fondo.
E’ quello che pensano anche Salvini e Meloni, impegnati parallelamente con le operazioni per allestire un piano B in grado da un lato di non far perdere al centrodestra il ruolo di king maker della partita, e dall’altro di non farli finire all’angolo se alla fine il Cav dovesse sfilarsi per muoversi in solitaria. Il Capitano ha riunito quindi i dirigenti del partito ricevendo il pieno mandato per rappresentare al meglio la Lega e il centrodestra in vista della scelta del prossimo Capo dello Stato. Giornata di riunioni anche per Meloni che, nella relazione tenuta in occasione dell’esecutivo di Fdi convocato in via della Scrofa, ha spiegato che bisogna lavorare “per la compattezza del centrodestra, perché solo se unita la coalizione ha i numeri per giocare la partita da protagonista”.
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Fdi ha confermato quindi la sua lealtà, ma “senza subalternità nei confronti degli alleati”. E quindi, pur ribadendo la disponibilità a sostenere la candidatura di Berlusconi, nel caso in cui questa dovesse uscire di scena “FdI è pronta a formulare le sue proposte per concorrere a costruire una convergenza più ampia su personalità autorevoli nel campo culturale del centrodestra che hanno tutte le caratteristiche per ricoprire l'incarico”. Di nomi ancora non se ne fanno per timore che vengano bruciati, ma Meloni ha ricordato che il centrodestra ha “pieno diritto di cittadinanza e dignità per proporre personalità, anche non necessariamente provenienti dal mondo della politica, capaci di ricoprire ruoli istituzionali apicali, almeno quanto il centrosinistra”.