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Quirinale, Rosy Bindi gela il Pd. "Oggi peggio del 2013", lo spettro dei 101 che affossarono Prodi

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L'inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica è dietro l'angolo e con la candidatura di Silvio Berlusconi per il centrodestra torna d'attualità il tema dei cani sciolti del parlamento, tra peones e franchi tiratori, che possono decidere le sorti del Quirnale. Domenica 16 gennaio ad Atlantide, il programma condotto su La7 da Andrea Purgatori, Rosy Bindi va in profondità sul disastro dem del 2013, quando il voto segreto impallinò prima Franco Marini, poi Romano Prodi. Alla fine venne eletto Giorgio Napolitano, ma il segretario del Pd Pierluigi Bersani pagò l'onta dei 101 franchi tiratori con le dimissioni.

 

È stato un momento terribile, ricorda Rosy Bindi che punta il dito sulla "incapacità di governare una situazione importante come quella". "Io credo che bisogna ricordare quel momento - continua - Certamente la vergogna dei franchi tiratori. Ma io ci tenevo a dire che mi sono dimessa un minuto prima di Bersani, perché quella vicenda è stata governata malissimo dai vertici del Partito democratico e la responsabilità dei 101 sta nella mancanza di abilità nel guidare" il partito. 

 

La "stessa candidatura di Marini, che prima di smetterla di esporla andava verificato se all'interno del Pd c'era consenso intorno ad una persona che aveva una sua storia e, anche se le valutazioni potevano essere diverse, era una persona che non meritava trattamento che poi gli è stato. E soprattutto il passaggio repentino dalla candidatura di Marini alla candidatura di Romano Prodi senza neanche una votazione di decantazione che consentisse di costruire o di verificare una maggioranza" è stato un errore imperdonabile. 

 

Perché nel segreto del voto per il Quirinale "ciascun parlamentare risponde a se stesso", mette in guardia Bindi su un Parlamento poco governabile, oggi peggio del 2013 quando "si era già a uno sgretolamento dell'appartenenza ai gruppi politici e non c'era una maggioranza vera in Parlamento". "Era un momento particolarmente complicato e quindi quella candidatura di Romano Prodi andava trattata con maggiore prudenza". Insomma, "i 101 sono stati una vergogna. Ma quella vergogna ha trovato spazio in una mancanza di capacità di guidare una fase così delicata". 

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