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Il green pass non può essere la normalità, Italia controcorrente rispetto all'Europa

Hoara Borselli
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No caro Speranza, questa non è e non diventerà mai la nostra normalità! Ci rivolgiamo a lei perché le sue parole pronunciate durante l’ultimo Question Time alla Camera fanno saltare sulla sedia tutti coloro che non hanno alcuna intenzione di accettare che lo stato di emergenza diventi la "conditio sine qua non" della nostra esistenza. Andiamo per ordine. Mercoledi 12 Gennaio, il Ministro che di speranza ha conservato solo il cognome, ha annunciato che in tale data erano già stati scaricati 194 milioni lasciapassare sanitari per vivere. «La strategia del governo continuerà a puntare in maniera molto significativa sul green pass, e questi numeri dimostrano quanto questo strumento sia pienamente dentro gli ambiti e la consuetudine dei nostri cittadini». Parole che non lasciano alcuna dubbia interpretazione, quelle pronunciate con toni trionfalistici dal ministro della Salute, dimostrando l’intenzione di non modificare di una virgola una linea di contrasto al Covid-19 che di fatto fa acqua da tutte le parti. Continua inesorabile la narrazione pandemicamente corretta per cui questo lasciapassare verde è indispensabile, quando, di fatto, si è dimostrato uno strumento assolutamente inutile per lo scopo dichiarato da chi lo ha messo in campo, ovvero quello di bloccare la diffusione dei contagi, ma perfettamente adatto per esercitare il controllo politico sui cittadini. Se per gli altri paesi europei il concetto di normalità è imprescindibile da quello di libertà individuale, Speranza e la compagine compiacente, vuole convincere gli italiani che è comprimendo sempre di più quelle stesse libertà che potremo riavere una vita normale.

Mai più attuale fu il famoso bipensiero orwelliano, ovvero la capacità di accogliere simultaneamente nella propria mente due opinioni tra loro contrastanti, accettandole entrambe. Parlare di normalità associandola a libertà compresse è un ossimoro. Il Times, ha citato le dichiarazioni di Sajjd Javid, segretario di stato per la salute e gli affari sociali del Regno Unito, il quale si è dichiarato pronto a liquidare il passaporto vaccinale all’inglese entro il 26 gennaio. Il certificato verde, nella terra di Sua Maestà la regina Elisabetta, serviva a poco e niente: utile solo per accedere ad attività ludiche,non è mai stato necessario per vivere, o lavorare. Ma cosa ha portato Londra a mandare in soffitta questo orpello burocratico? Semplice: un bagno di realtà. Stanno ipotizzando di abbandonare anche l’indicazione allo smart working. Resterebbe solo l’obbligo di mascherine per i luoghi al chiuso, visto che all’aperto in Gran Bretagna non è mai stata obbligatoria. Un allentamento che arriva alla luce dei «segnali incoraggianti»: contagi in diminuzione, giù anche i ricoveri con l’ondata scatenata dalla variante Omicron che secondo diversi scienziati ha raggiunto il suo picco e iniziato la discesa. Una visione ottimistica, un faro di luce laddove i nostri governanti continuano a vedere solo buio.

A far compagnia al Regno Unito rispetto al green pass arriva anche la Francia. Il portavoce del partito di Emmanuel Macron, il Presidente intenzionato a «rompere le palle ai no vax», ha già giurato che il green pass non sarà una misura permanente. Persino la Spagna di Pedro Sánchez, che certo non è un liberalconservatore, ha annunciato un piano per trattare il Covid come un’influenza e, addirittura, è intenzionata a promuovere questo approccio in sede europea. E benché tedeschi, austriaci e olandesi abbiano introdotto una serie di misure draconiane, tra lockdown più o meno selettivi e obblighi vaccinali, il Paese più estremista rimane pur sempre il nostro. A differenza di ciò che vorrebbe farci credere il Ministro Speranza, l’illusorio lasciapassare verde per le nostre libertà, non è «pienamente dentro gli ambiti e la consuetudine dei nostri cittadini», è semplicemente un obbligo cui gli italiani devono sottostare, consci di doverlo accettare come cosa buona e giusta solo perché possa consentire loro di lavorare o concedersi uno svago.

Mentre Boris Johnson e Pedro Sanchez lavorano ad un piano per passare dalla pandemia all’endemia, pianificando la strategia della convivenza con il virus, noi lavoriamo per comprimere le libertà ed inserire obblighi. Del resto siamo in buona compagnia di Indonesia, Micronesia, Ecuador , Tagikistan e Turkmenistan. Ops, l’ultimo è governato da una dittatura. Ovviamente un dettaglio, da noi dalle dittature ci si dissocia solo a convenienza elettorale.
 

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