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La pandemia è diventata una lotteria, la cura ormai è affidata al caso. E pure Mario Draghi ha perso la rotta

Franco Bechis
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Stiamo attraversando probabilmente il momento più confuso dall'inizio della pandemia. Ogni giorno un esperto si alza e propone di cambiare tutto perché il virus sarebbe diverso e non ha senso comportarsi come si è fatto in passato. Abbiamo numeri di contagi alti, e purtroppo da giorni anche il bilancio dei decessi non è dei più confortanti. Per mesi si è fatta una campagna vaccinale martellante, senza se e senza ma. Prima dose, poi seconda dose. Green pass annuale. Poi si è scoperto che la seconda dose non durava quel che si sperava, e quindi via alla terza dose. Ad almeno sei mesi della prima. Cambio di green pass: durata di nove mesi. Qualche settimana e in Italia - in gran ritardo rispetto ad altri paesi del mondo - si è scoperto che quella protezione di sei mesi era troppo ottimistica. Cambio dei tempi di vaccinazione: cinque mesi. Anche se ormai molti italiani seguendo le indicazioni governative si erano prenotati le terze dosi a sei mesi. Anticipate, bisogna fare prima. Facile dirlo, meno farlo: chi annullava gli appuntamenti previsti non ne otteneva un nuovo anticipato, ma quasi sempre ritardato. Nel frattempo si è capito che i cinque mesi di protezione della seconda dose erano troppi: i benefici venivano meno già al quarto mese. Alla vigilia di Natale anche l'Istituto superiore di sanità ha cambiato il suo bollettino, dividendo gli italiani che avevano completato il ciclo vaccinale da più di 120 giorni da quelli che lo avevano fatto in meno di 120 giorni. Nel frattempo sono circolate le prime ipotesi di durata della efficacia della terza dose: forse solo tre mesi. Quindi in Israele si è iniziato già a fare la quarta, sia pure con una campagna a singhiozzo: prima di corsa, poi frenata, ora ai più fragili.

 

 

Noi stiamo diligentemente ad ascoltare i consigli degli esperti, ma dopo tutte queste giravolte e i numeri della realtà che procedono in senso diametralmente opposto alle rassicurazioni ricevute, una domanda sorge spontanea: «Esperti? Di cosa?». Perché l'impressione ormai consolidata è che non ne sappiano assolutamente nulla, e infatti ormai a pochi giorni di distanza dicono l'esatto contrario di quello che avevano appena assicurato. Qui brancolano tutti nel buio, e purtroppo anche i principali protagonisti mondiali. Oggi vi raccontiamo le strategie aziendali del gran capo di Pfizer, Albert Bourla, esposte in un incontro con la banca di affari J.P.Morgan lo scorso 10 gennaio. Non sono le stesse strategie illustrate solo quattro giorni prima dallo stesso gran capo il 6 gennaio con la banca di affari Goldman Sachs. In quella occasione Bourla aveva spiegato quello che aveva annunciato a tutto il mondo, e cioè che Pfizer stava studiando un vaccino specifico per Omicron che sarebbe stato disponibile a fine marzo, e in produzione su larga scala a partire dal mese di aprile. Ora spiega di avere cambiato idea, che non serve un vaccino esclusivo per Omicron perché forse la variante se ne va e in gran parte del mondo potrebbero restare le vecchie varianti e arrivarne delle nuove. Per cui si sta pensando a un vaccino che lui battezza «ibrido» e che per rendere l'idea potremmo chiamare «biturbo». In una turbina ha la versione fin qui buona per tutte le altre varianti note, e nell'altra turbina la versione utile per Omicron. Se iniziano a produrlo ad aprile, ora che lo cominciano a consegnare all'Europa e da Bruxelles arriverà in Italia, saremo in piena estate (ad essere ottimisti) e Omicron come sempre è accaduto con il caldo se ne sarà sostanzialmente volata via. Ma nel frattempo saremo stati già tutti a correre per fare la quarta dose della vecchia versione (anche se inutile con la nuova) perché sarà scaduto ai più l'effetto della terza dose.

 

 

Possiamo davvero immaginare di passare così i prossimi mesi e anni e inseguire anche l'ultimo dei no vax scaricando su lui una colpa che è invece evidentemente dell'intero sistema sanitario e politico mondiale? Inutile raccontarci che qui Mario Draghi ha fatto miracoli rispetto al resto del mondo e che le sue politiche anti-Covid sarebbero state un successo. Non è così, e non potrebbero essere altrimenti: Draghi del Covid ne sa quanto chiunque di noi e purtroppo ne sa poco o nulla la pletora di consulenti ed esperti che lo circonda come prima aveva circondato Giuseppe Conte. In questa assoluta confusione onestamente la raffica di divieti, obblighi e punizioni non ha più alcun senso. Se si tiene la barra dritta e la si fa capire con buone spiegazioni gli italiani - lo hanno mostrato ampiamente - diligentemente seguono quei consigli senza bisogno di alcun obbligo. Ma se si procede in questo modo a zig zag e ogni giorno si fa più confusione, è impossibile convincere i più di qualcosa che è oscuro perfino a chi dovrebbe insegnarlo agli altri. Non sarà possibile tecnicamente vaccinare 50 milioni di persone ogni tre mesi, e se lo Stato non è in grado di farlo, deve abbandonare anche la strada degli obblighi (bocciati ieri dalla Corte suprema negli Usa) e delle procedure burocratiche perfino per prendere un caffè al bar. Non sono più accettabili in questo quadro.

 

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