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No allo smartworking per tutti. Renato Brunetta gela i sindacati: statali in ufficio

Filippo Caleri
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Omicron e la sua velocità di diffusione mette paura ai lavoratori della pubblica amministrazione che, per bocca dei loro sindacati, chiedono un maggior ricorso allo smartworking. Una richiesta sostenuta anche da alcuni esponenti pentastellati ma il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha rimandato al mittente la domanda visto che, da tempo, ha chiesto la fine del telelavoro ed è stato uno dei più strenui difensori dello svolgimento delle prestazioni degli statali negli uffici piuttosto che nelle loro dimore. La risposta negativa è stata affidata a una nota ufficiale del Dipartimento della Funzione pubblica: «La normativa e le regole attuali già permettono ampia flessibilità per organizzare sia la presenza, sia il lavoro a distanza, tanto nel lavoro pubblico quanto nel lavoro privato». Il dossier non è però chiuso perché la politica si è spaccata sulla possibilità di tornare alla modalità agile soprattutto ora che la variante Omicron colpisce con grande facilità (anche se con meno letalità). Così Forza Italia, partito dalle cui fila proviene Brunetta, si è schierata con il ministro mentre il Movimento cinque stelle ha attaccato con una certa veemenza la mancanza di flessibilità del ministro.

 

 

Eppure la richiesta del ritorno al lavoro in smart girava da giorni sui tavoli dei sindacati, preoccupati dall'aumento dei contagi per la massiccia presenza di lavoratori nelle sedi fisiche. Insomma sembrava il momento opportuno per tornare al passato. «Si tratta ovviamente di una soluzione temporanea, già sperimentata con successo e riproponibile oggi con i necessari miglioramenti» ha spiegato il segretario della Uil per la Pubblica Amministrazione, Sandro Colombi. «A differenza di quanto accaduto a marzo del 2020 oggi le amministrazioni hanno a disposizione strumenti normativi e contrattuali molto più efficaci per gestire con flessibilità e intelligenza l'organizzazione del lavoro da remoto» ha aggiunto il rappresentante del sindacato guidato da Pierluigi Bombardieri. L'invito alle amministrazioni è stato dunque quello di organizzare comunque un maggior ricorso al lavoro agile nel quadro di regole già definite. La risposta del dipartimento per la Funzione Pubblica è stata di tutt'altro avviso. «La linea fin qui seguita dal Governo - è stato spiegato grazie alle vaccinazioni, al green pass e al super green pass, ha reso pienamente compatibile il massimo livello di apertura delle attività economiche, sociali e culturali con il massimo livello di sicurezza sanitaria». Il dipartimento ha quindi definito «incomprensibile» la richiesta di un ritorno di «tutti a casa» perché il contesto attuale è diverso da quello presente nel lockdown generalizzato della prima parte della pandemia. Non solo.

 

 

La possibilità c'è comunque. «Le amministrazioni pubbliche possono decidere la rotazione del personale consentendo il lavoro agile anche fino al 49% sulla base di una programmazione mensile, o anche più lunga». A sostenere la linea di Brunetta buona parte della politica di centrodestra. «Non possiamo che appoggiare la presa di posizione del ministro Brunetta che trova incomprensibile la richiesta dei sindacati di un ritorno allo smartworking generalizzato per tutto il pubblico impiego» ha dichiarato Michaela Biancofiore, parlamentare di Coraggio Italia, già sottosegretario alla Pa. Anche Annalisa Baroni, deputata di Forza Italia si è espressa sulla stessa linea: «Brunetta, ha avviato un cambiamento virtuoso con l'approvazione di regole e linee guida sullo smartworking, ampiamente condivise con sindacati, politica e amministrazioni locali e centrali, che già permettono ampia flessibilità per organizzare sia la presenza, sia il lavoro a distanza».

 

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