Quirinale, spunta l'ipotesi donna presidente della Repubblica. Dopo Mario Draghi e Berlusconi
Non sarà la presidenza dell’America – lì ci pensa “Don’t look up” a ravvivare la tenzone – ma anche dalle nostre parti c’è chi pensa ad un presidente donna. Presidenta, secondo il Boldrini style, che in realtà non ha portato molta fortuna alla titolare dell’orrendo neologismo. Che comunque ha poi pure rinunciato a rivendicare la parola.
L’idea di un Quirinale al femminile è stata invocata più volte ma senza successo nel corso delle varie elezioni per il Colle. Solo Emma Bonino condusse in passato una campagna propagandistica molto efficace che però non la portò alla vittoria: ma per il mondo radicale un comunque lusinghiero 8 per cento raccolto alle elezioni europee.
Stavolta a farsi carico della proposta è il capo della prima forza parlamentare, ovvero Giuseppe Conte, presidente dei Cinque stelle. Il che comporta che il tema, se è effettivamente una cosa seria, entra nell’agenda del voto dei grandi elettori.
Certo, c’è da capire che cosa pretenda l’ex premier. Perché ad ora pare una mossa per recuperare centralità anche a danno del Pd e per prendere tempo alzando sacchi di sabbia contro l’ipotesi di una personalità del centrodestra alla Presidenza della Repubblica.
Magari per scatenare il solito bordello contro qualunque proposta proveniente dalla coalizione maggioritaria nel Paese. E anche in Parlamento.
Bisogna essere seri. Ad esempio, a gennaio si verificheranno le volontà e i voti a disposizione di Silvio Berlusconi, a cui nessuno può contestare la legittimità politica della candidatura. Così come nessuno può dubitare della lealtà di una coalizione verso chi l’ha fondata se si è a un passo dal conquistare il Colle.
Conte spariglia e per non dire solo no a Berlusconi è pronto a votare un’espressione femminile del centrodestra? Oppure se lo stesso centrodestra – ovviamente a partire da Berlusconi – fosse d’accordo sul metodo, saranno scatenati i cani da tartufi a caccia di ombre da fabbricare su qualunque competitrice per il Colle? Già li stiamo vedendo all’opera.
Poi, con i numeri attuali si possono anche fare nomi a casaccio: la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, come Anna Finocchiaro e Rosy Bindi. Oppure la giudice costituzionale vicina proprio a M5s Silvana Sciarra. Più complicato immaginare che Conte pensasse a Paola Taverna, diciamo…
Ma in Parlamento ci vogliono i voti e sono nomi che difficilmente potrebbero affascinare i grandi elettori del centrodestra. Per storie politiche in alcuni casi, per evidente faziosità in altri. E lo stesso centrodestra ha comunque carte da giocare anche in campo femminile: ad esempio Elisabetta Casellati, che alla presidenza del Senato vene eletta col 75 per cento dei voti – roba da primo scrutinio – e un altro curriculum eccellente come quello dell’ex presidente della Rai ed ex ministro Letizia Moratti. Ma entrambe non fanno che ribadire ai loro amici più stretti che “prima di tutto e di tutti c’è Silvio”: anche loro sentono un dovere di lealtà verso Berlusconi. Una amicizia umana e politica che nessuno intende disconoscere per interesse personale.
Finora nessuna donna è mai stata eletta al Quirinale e le quotazioni del genere femminile scendono sempre vertiginosamente al momento in cui ci si avvicina al voto in assemblea.
In una partita ali’insegna della demagogia magari i pentastellati potrebbero puntare su una personalità come Maria Falcone, ma Conte ha bisogno di fare più politica che propaganda.
Comunque, crescerà la pressione dell’opinione pubblica sulla candidatura di una donna alla più importante carica istituzionale della Repubblica. Soprattutto se il “derby” maschile tra Draghi e Berlusconi non sortirà effetto e sempre se si disputerà per davvero.
In queste ore è partita anche una petizione via social, lanciata da uno studente riminese per “una donna al Quirinale”. Un modo come un altro per spingere i grandi elettori a compiere una svolta che sarebbe effettivamente storica. Basti pensare che non solo al Quirinale non è mai stata eletta una donna, ma anche altri dati testimoniano una scarsa rappresentanza femminile nelle più importanti istituzioni della Repubblica: su 67 governi nessuno è stato mai guidato da una donna, di 108 comuni capoluogo, solo 6 attualmente sono amministrati da “sindache”, su 20 regioni, solamente una ha una presidente di sesso femminile, l’Umbria, e di centrodestra: Donatella Tesei. Stavolta è la sinistra ad essere in grave ritardo.