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Patto di Natale: Silvio Berlusconi al Quirinale. Il centrodestra boccia Mario Draghi e rilancia il Cav

Francesco Storace
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Il primo obiettivo Matteo Salvini lo ha raggiunto. Il tavolo del centrodestra andava riunito in tutte le sue componenti, compresi Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi e Giovanni Toti (ma senza il sindaco di Venezia Brugnaro, invitato ma aveva già altri impegni) ed è stato apparecchiato a casa di Silvio Berlusconi. Il secondo obiettivo era raggiungere una posizione unitaria – almeno in questa fase – sulla battaglia campale per il Colle, sapendo che da una parte c’è l’ambizione del Cavaliere a vincere la partita e dall’altra i dubbi di Giorgia Meloni su che farà Forza Italia se l’esito dovesse essere ribaltato. Poi, il terzo obiettivo, quello che serve a garantire lealtà a Berlusconi da Lega, Fratelli d’Italia e i partiti minori: ciascuno ha detto «ci sto» alla candidatura del leader azzurro, una specie di regalo di Natale confezionato da Salvini. Ma solo a gennaio si scopriranno tutte le carte. Adesso, un solo piano, nessuna alternativa di secondo o terzo tipo. Tutti su Silvio. E quindi, il quarto obiettivo: ragionare su che vuol dire la mossa di Mario Draghi. Che rovinerebbe la tombola di Natale.

 

 

Era il convitato di pietra, Mario Draghi. Nessuno dei commensali del centrodestra ha scansato l’argomento, per preparare le mosse da proporre agli alleati («che sono questi e non quegli altri di governo», hanno tenuto tutti a rassicurare più che altro alla Meloni). Salvini era andato in avanscoperta a Palazzo Chigi. Ai giornalisti ha parlato di tasse e bollette che pesano sulle tasche degli italiani, nega risolutamente di aver parlato di Colle, con lui. E che da Palazzo Chigi - con tutti, non solo con Salvini - si sono affrettati a far filtrare la sorpresa per il clamore. Ma siccome nessuno è fesso, il centrodestra lo prende in parola. C’è chi come Berlusconi non crede alla possibilità per il premier al Quirinale (causa terrore dei peones di andare a casa anticipatamente) mentre c’è chi come la presidente di Fdi vuole lumi sul dopo. Perché lei pensa che alla fine Draghi chiederà i voti anche a Salvini e Berlusconi e vuole sapere un mese prima che cosa faranno i due un mese dopo. Ma nemmeno le previsioni del tempo riescono più ad essere precise, figuriamoci la politica ora. Adesso bisogna solo impegnarsi a camminare tutti unitariamente, senza fughe in avanti e probabilmente l’incontro di ieri a Villa Grande a questo è servito. Anche perché appaiono certe due cose: per Draghi è tremendamente difficile modificare il perimetro della sua maggioranza; e qualunque premier si voglia proporre in caso di sua ascesa al Colle andrà scelto prima e insieme, magari anche con la lista dei ministri. Sennò al centrodestra che cosa può convenire di favorire l’elezione di Draghi alla presidenza della Repubblica senza poter toccare palla?

 

 

Dice esplicitamente Salvini: «Maradona e Cuccureddu non erano la stessa cosa». Vuol dire che vale anche per Draghi, che non può pretendere un signor chiunque a Palazzo Chigi al posto suo continuando a non far toccare palla ai partiti, primi fra tutti quelli di centrodestra. L’argomento non è stato ancora esplicitato, ma toccherà anche discutere del ruolo dei segretari dei partiti, in un eventuale nuovo governo. Due, poi, restano ancora i nodi da sciogliere. Il primo riguarda il ruolo di Sergio Mattarella. È evidente che il presidente della Repubblica è sincero nei suoi propositi di lasciare la poltrona. Resta da capire che succederà di fronte ad una crisi politica e ad una recrudescenza della pandemia. Potrebbero essere fatti drammatici ad imporgli un’ulteriore permanenza al Quirinale. Infine, individuare il «capo» del “partito” dei franchi tiratori, che è maledettamente in agguato. Tutto potrebbe franare rovinosamente. E le elezioni sarebbero la soluzione: ma chi avrà il potere di indirle se non si dovesse trovare una soluzione adeguata? Di fronte ad uno scenario del genere, più di un parlamentare di seconda fila potrebbe essere anche attratto dall’ipotesi Berlusconi. Mai dire mai.

 

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