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Mario Draghi allarma i peones. Il voto anticipato spaventa chi non è sicuro della rielezione

Luigi Frasca
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Si rischia di più con Draghi al Quirinale o con Draghi costretto a rimanere a Palazzo Chigi? Il dubbio serpeggia fra i parlamentari di ogni schieramento, all'indomani della conferenza stampa in cui il presidente del Consiglio è sembrato possibilista sull'idea di un trasferimento al Colle più alto. Le parole usate da Draghi hanno ricevuto il plauso convinto del Pd e quello, un po' meno convinto, del M5s che, all'apprezzamento ha aggiunto il «ma» della necessità di garantire continuità nell'azione di governo. L'incontro di martedì fra Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza è stato del tutto «metodologico», conferma una fonte parlamentare di Leu spiegando che il «patto di consultazione» fra i tre leader politici ha l'obiettivo di «muoversi in sintonia» nella partita del Quirinale. «Ma di formale non c'è nulla», viene aggiunto. Il punto, semmai, è capire se ci sono i presupposti perché si realizzino quelle condizioni che, a citarle oggi una per una, sembra impossibile tenere insieme.

 

 

La prima è data per realizzata: all'attuale premier piacerebbe fare il Capo dello Stato. A scandagliare fonti parlamentari di Pd, M5s e Articolo 1 le parole pronunciate da Draghi nella conferenza di fine anno non lasciano più spazi a dubbi. La seconda condizione, tuttavia, rappresenta già una incognita: con quale maggioranza? Il timore dei parlamentari è che, con Draghi al Quirinale, non si trovi una maggioranza come quella di oggi attorno ad un nome che possa sostituirlo e, di conseguenza, si scivoli rapidamente a elezioni.

 

 

Un certo scetticismo sulla possibilità che si possa continuare con questa maggioranza anche senza Draghi emerge anche quando si prova a sondare gli eletti M5s. «Dipende tutto dal fatto che si trovi o meno una maggioranza con un altro presidente del consiglio. L'impressione è che un altro premier, chiunque fosse, non reggerebbe», viene fatto notare. «I parlamentari non vogliono votare, è vero, ma questo basta ad assicurare una maggioranza dopo Draghi? Per non andare a votare serve un governo, ma quale governo sarebbe in grado di chiudere il Pnrr nel 2022 con una maggioranza che va dalla sinistra alla Lega?». Date le premesse, è comprensibile che si torni a parlare del «lodo Giorgetti». Era stato il ministro leghista, pochi mesi fa, a evocare una sorta di semipresidenzialismo di fatto che vede Draghi, dal Quirinale, guidare l'azione di governo di un premier a lui vicino.

 

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