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Francesco Storace: "Manovre sinistre sul Quirinale, il Colle non sarà di nuovo rosso"

Francesco Storace
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Mostra i muscoli, Enrico Letta, ma non ha il fisico. E i suoi veti contro Silvio Berlusconi al Quirinale – e comunque verso chiunque del centrodestra – stavolta si sfracelleranno contro il muro. Si tolga dalla testa di sventolare uno straccio rosso dal Palazzo più importante delle istituzioni della Repubblica: la sua scriteriata campagna non sortirà effetto, anche se ci prova come un ossesso. Infatti punta di nuovo ad un Colle inclinato a sinistra, il segretario del Pd, ma non ha i numeri. E per questo strilla alla maggioranza ampia.

Certo, potrebbe anche essere ragionevole: il difetto è di impostazione. Come sempre, la sinistra vuole una maggioranza larga solo su un proprio nome, non su una personalità altrui. Berlusconi? Non va bene. Come non andrebbe bene alcun nome di una personalità espressione del centrodestra. Perché il dono della cosiddetta terzietà – come è noto – ce l’hanno solo loro… Ma ci vogliono voti di cui non dispongono, a sinistra e dintorni. Perché il centrodestra – pur con le divisioni che ogni tanto affiorano – ha la forza della motivazione dalla sua.

La Presidenza della Repubblica è un obiettivo della coalizione – che tutti a destra definiscono storico - che parte da una condizione di maggior vantaggio con la bellezza di circa 450 delegati tra i grandi elettori del Parlamento e delle regioni. La soglia minima – dal quarto scrutinio – sono 505 voti. E qui Letta urla: “Sarebbe un vulnus”, afferma il capo Pd con assoluto sprezzo del ridicolo. Dice che è un vulnus il quorum fissato dalla Costituzione. In pratica, etichetta i padri costituenti come golpisti ed è questa la vera vergogna. In realtà è costretto ad usare l’argomento più intollerabile proprio perché a quei numeri lui e i grillini non ci arriverebbero mai: Letta sa che faticherà non poco a convincere 133 grandi elettori del Pd (quello no, sì, ma, però) e soprattutto non fa affidamento su 230 parlamentari pentastellati.

Al Nazareno in queste ore si chiedono quante divisioni ha effettivamente il generale Conte… Poi, ci sono quelli del gruppo misto, Leu, le autonomie, Tabacci. Farebbero la fine del Conte-ter, mai nato. Manco il senatore Ciampolillo convincerebbero. E ci sarebbe un certo Matteo Renzi, possibile ago della bilancia. Che però a sinistra prendono continuamente a schiaffi, difficile coinvolgerlo imponendogli nomi non concordati.

A Letta deve semplicemente passare dalla testa il vizio di poter comandare senza voti. Il prossimo presidente non avrà la tessera del Pd, né i Cinque stelle avranno la forza di imporre un loro nome: gli scappati di casa pensano più ai seggi della prossima legislatura che all’inquilino del Quirinale. Il crollo nei sondaggi, la riduzione delle poltrone nel prossimo Parlamento: la serenità di deputati e senatori pentastellati è gravemente minata. Figurarsi che non si fidano neppure di una candidatura di Mario Draghi al Quirinale: mancherebbe il fiato per terminare la legislatura a scadenza naturale. E più Letta pensa di mettere veti su Silvio Berlusconi e più gli faciliterà l’impresa. Ottenendo così il risultato di diventare l’ennesimo segretario della sinistra disarcionato dal Cavaliere.

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