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"Dopo Mattarella un presidente patriota" Da Atreju la sfida di Giorgia Meloni sul Quirinale

Pietro De Leo
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«Un patriota al Quirinale». Questo è il senso della sfida lanciata da Giorgia Meloni dal palco di Atreju, nel discorso a conclusione di una kermesse durata tutta la settimana, «il Natale dei Conservatori», attraversata da una forte venatura identitaria, fra tradizione e protezione rispetto alle incursioni laiciste e progressiste. Proprio su questo, la leader di Fratelli d’Italia esordisce nel tendone di Piazza Risorgimento a Roma. «Noi vogliamo continuare a combattere per conservare la nostra identità - dice - siamo uomini e donne liberi, perché siamo nati liberi. Essere conservatori è un atto rivoluzionario». E stabilita la cornice valoriale (rappresentata in modo assai significativo alla fine dell’evento, con dei figuranti di un presepe vivente fatti salire sul palco), spazio all’agenda politica. L’elezione al Colle, innanzitutto. 

 

«Questa volta il centrodestra ha i numeri per essere determinante, non accetteremo compromessi, vogliamo un patriota al Quirinale», evidenzia, scatenando gli applausi del pubblico. E a questo proposito avrà modo di pronunciarsi, sulle figure potenzialmente in campo, intervenendo a Mezz’Ora in più su Rai 3. Draghi patriota? «Vedremo - spiega - come difenderà l'italianità in dossier caldi, come quelli sulle telecomunicazioni, sulla Borsa italiana». E Berlusconi, invece? «È l'ultimo presidente del consiglio scelto dagli italiani, è andato a casa perché si rifiutava di sottoscrivere accordi europei penalizzanti per l'Italia. Sotto questo profilo mi tranquillizza». Tornando al tendone di Atreju, l’intervento è ad ampio raggio. A partire dalle politiche anti Covid, attaccando a testa bassa la sinistra che ha utilizzato la pandemia per «limitare la libertà degli italiani». E ne ha molto pure per il Pd, che accusa di un certo collateralismo politico con gli interessi francesi. I Dem, osserva, cercano «un presidente della Repubblica che sia gradito ai francesi. Io rimango di sasso ma tragicamente non mi stupisce, perché la sinistra ha fatto il procacciatore degli interessi per il governo francese in maniera tragicamente palese».

 

E ancora: «Enrico Letta è il Rocco Casalino di Macron. Ma vi rendete conto? Questo è l'europeismo a cui dovremmo piegarci? No grazie». Spazio, poi, anche alle politiche economiche. «Una delle nostre priorità e difendere la casa», sottolinea. «Difenderla da patrimoniali, dall’assurda normativa europea che vuole vincolarla alla classe energetica. Ma anche difenderla dalle intrusioni e dalle occupazioni». E sul tema, nel pomeriggio riceverà il plauso di Confedilizia. 

 

In aggancio a questo, poi, un passaggio sulla politica economica. «Le tasse sono belle a sinistra per alimentare i soliti circuiti. Ma l’Italia ha bisogno di una solida riduzione fiscale, per creare lavoro. Serve un fondo per riqualificare chi ha perso lavoro a causa della pandemia. E uno stato giusto non abbandona queste persone alla paghetta del reddito di cittadinanza. Noi possiamo dire che non abbiamo mai votato per istituire il reddito di cittadinanza. È una vergogna che lo Stato dia 780 euro a un ragazzo di 20 anni e e 280 euro ad un disabile. È diseducativo, perché lo Stato ha una enorme necessità dei più giovani». Quanto alla manovra, accusa: «Non serviva Mario Draghi per farla. Ci avevano detto che sarebbero piovuti miliardi, ma hanno mentito». Le risorse del Pnrr «sono soprattutto a debito. Stiamo spostando tutto il peso sulle prossime generazioni». E poi la leader Fratelli d’Italia passa alla disamina della necessità di «difendere gli interessi degli italiani».

 

Da qui parla di Europa: «Vogliamo un’Europa della cristianità, della ragione: e l’unico modello in grado di farlo è un’Europa confederale. L’Europa deve essere un gigante politico e un nano burocratico. Oggi, invece, è l’esatto contrario». Poi ironizza: «La sinistra si è affezionata all’Europa quando è caduto l’impero sovietico, e ha provato a plasmarla su quel modello». Da qui, va a parlare degli attacchi ricevuti negli ultimi mesi: «La sinistra ci vuol fare gli esami di democrazia». Ma poi, ricordando i legami tra il M5s e il Venezuela e di Renzi con l’Arabia Saudita osserva: «Noi non abbiamo legami con i regimi, né ora né in passato né in futuro».

E aggiunge: «È un paradosso che quanti oggi vogliono dare lezioni di storia poi vogliono distruggerla. Sono quelli che vogliono abbattere le statue, impedire la lettura di certi autori nelle scuole». A noi, dice Giorgia Meloni, «spetta il compito di alcuni monaci benedettini: conservare quello che siamo». Così come «conserveremo e difenderemo i nostri confini. Non saremo mai tolleranti con l’immigrazione irregolare di massa». Insomma, la coerenza, la libertà e la portata di un conservatorismo contemporaneo sono i tronconi su cui, ieri, Giorgia Meloni, più che un discorso ha gettato le basi di quel che sarà l’avvicinamento verso le elezioni politiche.
 

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