Camici bianchi non in regola, Zingaretti salva i medici no vax
Il sonno della Regione genera mostri: nei primi otto mesi di controlli sul rispetto dell’obbligo vaccinale, introdotto dall’aprile scorso per i camici bianchi, le Asl del Lazio, infatti, «sono state molto lente e non ci hanno dato i riscontri che attendevamo: da loro abbiamo avuto 50 segnalazioni e ne abbiamo sospesi 35, ma i numeri sono molto più ampi. La ricognizione non è stata quindi soddisfacente», dice Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma e provincia. Al quale ora è proprio la stessa Regione Lazio a segnalare ben altri numeri, addirittura 12 volte superiori a quelli fatti emergere sinora dalle sue Asl. E solo dopo che il decreto legge 172 del 27 novembre scorso ha tolto i controlli alle Asl per affidarli direttamente agli ordini professionali.
«Sì, a brevissimo avremo accesso diretto all’anagrafe vaccinale, che ci consentirà di verificare, per quanto riguarda Roma e provincia, i medici che sono sfuggiti alla vaccinazione anti-Covid», spiega il presidente Magi fornendo un primo dato: «Sono 600 i medici non in regola con le vaccinazioni anti-Covid. Questi sono numeri che ci hanno dato la Regione e i Nas, che stanno effettuando i controlli. Non appena avremo accesso all’anagrafe vaccinale, da metà dicembre, interverremo quindi anche con le sospensioni dopo i cinque giorni dalla comunicazione con cui chiediamo al medico di vaccinarsi perché risulta non ancora immunizzato. Una volta verificato che non esiste un codice di esenzione che sollevi il medico dall’obbligo vaccinale, e trascorsi i cinque giorni, procediamo con la sospensione, e il sanitario, già nell’immediato, non potrà esercitare la professione».
Una scure che, secondo il capo dell’Omceo capitolino, potrebbe colpire diverse figure mediche: «Non si tratterà solo di medici di famiglia, ma anche di medici ospedalieri e liberi professionisti» che, se non si vaccineranno prima di Natale, rischiano dunque di mettere in ginocchio la sanità laziale. I cui organici sono già ridotti ai minimi termini, a partire dai 48 Pronto Soccorso, come avverte il Tribunale per i diritti del malato (Tdm): «Non c’è più personale sanitario a disposizione per lavorare nei Pronto Soccorso del Lazio», è il grido d’allarme lanciato dal segretario regionale di Cittadinanzattiva-Tdm, Elio Rosati, che spiega: «Il personale sanitario è carente e questa situazione non si risolve nemmeno con i bandi, che vanno pressoché deserti dato che la carriera in Pronto Soccorso non solo non è attrattiva, ma implica una dedizione h24. L’ultimo Bando per 153 posti ha visto la partecipazione di circa 125 medici, di cui buona parte già dentro il sistema sanitario regionale, che usa legittimamente il Bando solo per spostarsi» da un ospedale all’altro.
Nel frattempo, però, i «pazienti vengono "parcheggiati" per più giorni in qualche angolo del Pronto Soccorso in attesa di essere presi in Reparto».
Un passaggio non sempre agevole, perché ci sono ospedali «in cui si fatica a ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore», avverte la Società Italiana della Medicina di Emergenza Urgenza (Simeu). Beniamino Susi, direttore del Reparto d’urgenza a Civitavecchia-Bracciano e responsabile nazionale Simeu per i rapporti con le Regioni, denuncia «l’impossibilità di ricovero di tanti pazienti non Covid. Si stanno convertendo reparti normali in reparti Covid – a volte e per forza di cose anche per pochi pazienti - e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie. I medici sono stanchi, affaticati e vivono una quotidianità deprimente che, giorno dopo giorno, diventa sempre più insostenibile».