Mario Draghi ascolti i sindacati. Governare non è asfaltare
È la politica, bellezza: si dovrebbero così avvisare il Premier Mario Draghi e tutto il Governo dei Migliori che mostrerebbero sbigottimento, stupore, smarrimento per la decisione di Cgil e Uil di indire lo sciopero generale per giovedì, 16 dicembre, non condividendo le scelte dell'Esecutivo, innanzitutto in materia fiscale, ma, proseguendo, pure su pensioni, scuola, precarietà nel lavoro, non autosufficienza, disuguaglianze, politiche industriali, sviluppo. Si può condividere o no la contestazione dello specifico operato del Governo da parte delle due confederazioni, così come il successivo passaggio alla decisione dello sciopero generale, dal quale si è, invece, dissociata la Cisl. Ma sarebbe limitativo ritenere che le critiche siano conseguenti alla sola ipotesi di riduzione fiscale e non, come si è testé accennato, al complesso della manovra e della legge di bilancio nonché, più in generale, alle politiche del Governo. Giusta o no l'iniziativa - la quale, comunque, non meriterebbe affatto il disorientamento manifestato dall'Esecutivo che sarebbe stato causato dalle due confederazioni - riporta con i piedi per terra chi, invece, in terra sarebbe stato destinato a scendere «a miracol mostrare». Fa parte dei compiti dei reggitori dello Stato affrontare tutti i tipi di condizioni avverse, se ne condividano o no le cause, siano esse rimuovibili o no perché magari «ultra vires».
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Piuttosto che sbigottirsi, si pensi al modo in cui agire, dal momento che non è un bel risultato quello che incassa chi, solo pochi giorni fa, ha rilanciato l'esigenza di un patto sociale. Oggi, una parte consistente del mondo del lavoro è, al contrario, molto critica e, dall'altro versante, quello datoriale, la Confindustria non ha lesinato rilievi puntuali all'Esecutivo, apparendo, così, lontana la corale, prolungata ovazione ricevuta da Draghi, non molto tempo fa, nell'assemblea annuale confindustriale. Che, soprattutto dopo elogi sperticati e continuati, dalla prima manovra finanziaria di Draghi ci si attendesse molto di più era scontato: dunque non é contestabile una diffusa delusione per una legge di bilancio (e misure collegate) che cercano di dare molto poco a tutti, non affrontando adeguatamente sia il problema dei redditi e del lavoro sia quello dello sviluppo e dell'innovazione. E, dopo avere ascoltato ripetutamente che, in questa fase, lo Stato deve «dare» e non «prendere», che il problema del debito, al momento, non è cruciale, che occorrono misure per i giovani, contro la povertà, per premiare il merito, era scontato che si valutasse, pur nella difficile situazione della recrudescenza della pandemia, la corrispondenza almeno di parte dei fatti alle parole nel primo intervento organico che si presenta.
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Questo, invece, ricalca le impostazioni dei Governi passati e ricorda un po' la linea della D.C. che, in nome dell'interclassismo, erogava, in tali circostanze, qualcosa a tutte le categorie, anche se lo faceva con intelligenza e senza avere la presunzione di meritare titoli agiografici. C'è il Piano nazionale di ripresa e resilienza? Certo, ma non si può rinviare ogni scelta a quella sede. Ora bisogna governare e con misure adeguate, anche strutturali, che si raccordino con il Pnrr. Come uscirne? Penso che il Governo farebbe bene, come accennato, a considerare attentamente le posizioni delle parti sociali - sindacali e confindustriali - e tentare, nella chiarezza e coerenza, un chiarimento e una scelta evolutiva. Governare non è asfaltare.
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