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Senato, c'è pure una casta dei bebè: allattano solo le parlamentari, le assistenti devono sloggiare

Gianluigi Paragone
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Talvolta nel mezzo dei grandi dibattiti si perdono alcuni fatti che ti accadono attorno e che rischiano di passare inosservati e sotto silenzio. La storia che vi racconto ha a che fare con me, con il mio ruolo di parlamentare, di giornalista. E perché no?, di uomo. La storia che vi racconto riguarda Alessandra, la mia collaboratrice parlamentare da cui ho avuto il permesso di portare alla luce la vicenda.

Alessandra ha da poco portato a termine la gravidanza ed è rientrata in ufficio. Con l’entusiasmo e la competenza che le sono proprie. Diciamo che tutto filerebbe liscio se non fosse che alla poveretta non le è consentito allattare il figlio all’interno del palazzo che ospita i nostri uffici parlamentari. Non ci sono stanze nursery (per carità…) e altri luoghi dedicati; eppure basterebbe una stanza d’appoggio, del resto non mancano. Per farvi capire, può allattare appena fuori dal Palazzo, magari sui gradini della chiesa in piazza Capranica, ma non all’interno dei palazzi istituzionali. Può chiedere ospitalità in uno dei locali attorno, ma non dove lavora.

Qualcuno potrebbe rimproverarmi perché ne parlo solo adesso. Lo confesso, non lo sapevo; Non pensavo che nell’anno del Signore 2021, una madre lavoratrice non potesse allattare il proprio figlio con il latte materno come tra l’altro consiglia l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non pensavo che nell’Italia che si indigna per il palpeggiamento ai danni della giornalista Greta Beccaglia, esempio di violenza maschilista, a una madre fosse negata la possibilità di… fare la madre nel luogo di lavoro. Ha diritto a un’ora “bonus” ma non ha diritto a farlo comodamente. Sarebbe troppo, no?

E, infine, non pensavo che quegli stessi politici che si fan belli nei dibattiti a parlare del miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne non muovono un dito per superare - e pure alla svelta - questa discriminazione.

Non immaginavo di dovermi fare portavoce di questa battaglia, che adesso diventa mia perché trovo IPOCRITA dibattere di violazioni e poi stare zitto. Ma a quanto pare non è così. E devi pure sentirti qualche responsabile di un qualche ufficio che cita norme e disposizioni dietro le quali nascondersi comodamente. O che ti rimanda, come nelle migliori tradizioni dello scaricabarilismo italiano, all’ufficio dei questori - cioé tre colleghi senatori, due maschi e una donna - i quali ovviamente hanno una legge e delle “ragioni” dalla loro parte. Figurarsi.

Eppure le loro ragioni non valgono nulla di fronte al dato di fatto che resta lo stesso: una mamma lavoratrice non può allattare il figlio comodamente. E questo lo trovo profondamente ingiusto e persino umiliante. Per la donna. Ma anche per me che ora sono a conoscenza di una ennesima disparità, della quale non fregherà nulla a nessuno. Perché dobbiamo sconfiggere il Covid, dobbiamo risollevare l’Italia, dobbiamo riconoscere il diritto a cambiare sesso o a far morire, e dobbiamo smascherare chi va a farsi vaccinare con un braccio finto. E poi c’è l’elezione del nuovo Capo dello Stato.

Perciò chiedo scusa a tutti se ho abusato della vostra attenzione per condividere un mio disagio. Se non lo avessi fatto però mi sarei sentito come quello che guarda e ride mentre gli altri denigrano, sfottono e discriminano.

Ps. Circa un mesetto fa avevo scritto alla presidente Casellati una lettera chiedendo di poter risolvere la cosa. E’ stata l’unica che almeno si è degnata di ascoltarmi.

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