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Goffredo Bettini: "Ora Draghi, poi la politica". L'intervista all'esponente Pd

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Francesco Storace
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Basta con la delegittimazione reciproca, con la sopraffazione del nemico. E non serve un’affannosa ricerca del “centro” politico. Il Goffredo Bettini che ha sempre un guizzo in più – a sinistra – e che l’altra sera non si è smentito, ma ha gettato un nuovo sasso nello stagno. È avvenuto alla presentazione del libro di Andrea Augello nel ventennale della scomparsa del fratello Tony. A quel pilastro della destra romana, l’omaggio di un tenace avversario – ma rispettoso – che ha voluto ricordare un confronto politico durato decenni.

La politica è cambiata rispetto a vent’anni fa…
“Anche trenta. E la riflessione che oggi dovremmo fare tutti noi riguarda la contraddizione interna alla politica che nell’agire usa la forza e il potere e che per questo andrebbe continuamente monitorata umanizzata, risolta in una pratica il più possibile razionale”. 

E come?
“Le rivoluzioni sono fallite, prendiamone atto. Il campo di battaglia è più prosaico. I suoi confini sono la Costituzione italiana. È lì che ci tocca giocare. Ed è un bene”.

È un passaggio da spiegare bene
“Volentieri. La grande politica del ‘900 ha raggiunto vette ma ci ha poi sprofondato nell’orrore. Alti e bassi di un secolo da superare”.

Non è stata sufficiente la caduta del Muro di Berlino?
“Forse. Fino ad allora tutti coltivavamo sogni e progetti, resistenze e avanzate, si sentiva l’ardore del costruire le forme della politica, i partiti, le organizzazioni di massa la militanza degli intellettuali. È stato il fervore, spesso doloroso e anche insanguinato, dei trent’anni gloriosi della democrazia italiana.”

E oggi che ne è rimasto?
“La constatazione che la destrutturazione delle forme ha ridotto la politica ad una dimensione di pura gestione del potere. Siamo ad un passaggio delicato da questo punto di vista. E mi chiedo: le difficoltà della politica e dei partiti sono un destino da accettare con realistica rassegnazione oppure sono una condizione transitoria, rimediabile, a condizione naturalmente che la politica si sappia rinnovare?”.

Il governo Draghi ad esempio…
“Ha svolto un ruolo importantissimo. All’emergenza si è risposto con un governo di emergenza”.

Eppure…
“Eppure guai a considerare questa transitorietà un‘eccezione che deve durare per sempre. C’è bisogno piuttosto che il dibattito e il conflitto politico e democratico riprendano a innervare l’Italia. C’è bisogno di alternative chiare seppure civili e democratiche”.

Come si concilia questo con gli appelli che sembrano voler delegittimare, da sinistra, “le destre”?
“Guai a tagliare le ali. Un corpaccione centriste e tecnocratico alla lunga non potrebbe che aggravare i problemi della Repubblica. Non mi auguro affatto un deserto di rappresentanza del campo a me avverso. Combatto la destra. Spero di rubarle i voti che mi sono stati rubati. Ma non invoco l’eliminazione, la distruzione, la morte delle forze politiche che attraverso i voti hanno la legittimità di sedere e combattere in Parlamento. Non mi auguro, come hanno fatto più volte Renzi e Calenda in riferimento al Movimento 5stelle, di vedere stramazzate a terra le forze politiche che non mi danno ragione”.

 Rilegittimarsi nel solco del perimetro costituzionale. Come?
“Alle giovani generazioni non dobbiamo più offrire la volontà di mortificare il nemico”.

È un’affermazione importante.
“Può darsi. Ma c’è bisogno di dare voce da una parte e dall’altra dello schieramento politico a quei sentimenti che gli italiani coltivano e che se non rappresentati non potrebbero che ingigantire le torbide acque dell’astensionismo, della rabbia, della violenza eversiva”.

Quelle generazioni raccontate dal libro di Augello in fondo da questo bisogno partirono
“I nostri, lungo fronti opposti, furono itinerari di riscatto personale. Diversi e contrapposti. Un riscatto che oggi gran parte delle giovani generazioni vive invece in forma individuale. Nella solitudine di una società frammentata e dispersa”.

Che cosa si dovrebbe realizzare?
“Ci ho riflettuto proprio per la presentazione del libro. Tornare a intendersi sulla natura della politica. Che deve essere legata indissolubilmente ad una dimensione ideale, direi persino spirituale, che essa deve contenere per non trasformarsi in tecnica di gestione, di potere e persino di affarismo. La politica come una scelta di autonomia, di volontà, di testimonianza, di destino dell’anima”. 

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