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Giuseppe Conte ha tre guai in casa. Il piano per farlo fuori di Grillo, Di Maio e Raggi

Carlo Solimene
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«Il Movimento 5 stelle ha un leader, Giuseppe Conte, ma non ha ancora un progetto. E non resta molto tempo». Parole e musica dell'ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora. Che approfitta di un'intervista concessa al settimanale «Oggi» per iscriversi all'ormai sempre più affollato club dei nemici interni del capo politico grillino. Un circolo che, solo per stare agli ultimissimi giorni, schiera pezzi da novanta come Luigi Di Maio - non a caso incensato da Spadafora come «un leader naturale» - il «garante» Beppe Grillo - che ha definito l'ex premier «specialista in penultimatum» - e l'ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Che in un'intervista al Corriere della Sera ha detto che, sì, ha stima per Giuseppe Conte, ma bisognerebbe ascoltare anche quello che dice Di Battista. E che, tra i politici che meritano considerazione, c'è anche Barbara Lezzi. Vale a dire due che nel Movimento di Conte non ci sono neanche più.

 

 

Non sorprendano i nomi citati. Perché proprio la triade Grillo-Di Maio-Raggi è quella adombrata dai maggiori sospetti di trame anti-contiane. E, di certo, le loro ultime scelte politiche non hanno facilitato la vita dell'ex premier alla guida del variegato corpaccione pentastellato. Le frizioni tra Beppe Grillo e Conte non sono state ricucite col famigerato «pranzo della pace» a Marina di Bibbona. Più che altro, l'incontro è servito a siglare una tregua armata a favore dei fotografi. L'attivismo di Luigi Di Maio in funzione «anti-Giuseppi» non si è mai arrestato: la vicenda Rai, nonostante le smentite del ministro degli Esteri, brucia ancora nell'entourage dell'ex premier. E, in quanto alla Raggi, fin dalla decisione solitaria di ricandidarsi sindaca a Roma mettendo a repentaglio l'alleanza con il Pd ha creato non pochi grattacapi al capo politico. Ora le voci che la attestano «carta di riserva» del Movimento in caso di fallimento dell'attuale leader completano il quadro. Conte, da parte sua, non è stato esente da colpe in questi primi mesi da capo politico. La gestione della vicenda delle nomine dei direttori dei Tg è stata il punto più basso di un rapporto, quello con i gruppi parlamentari, che non è mai decollato. Sempre in tema di televisione, l'imposizione dei 5 vice come unici portabandiera della linea ufficiale nei notiziari ha destato più di un malcontento - eufemismo - e il fatto di non essere riuscito a far eleggere capigruppo graditi al Senato e alla Camera dimostra come la presa sulla pattuglia parlamentare sia pressoché inesistente. Un problema non di poco conto, se si considera che a breve l'ex premier sarà chiamato al tavolo delle trattative per il Quirinale senza potere, di fatto, garantire la compattezza dei propri gruppi.

 

 

«Deve ascoltare di più» lo ha esortato Spadafora, sempre nell'intervista concessa a Oggi. E, da questo punto di vista, Conte qualche sforzo lo sta facendo. Come promesso alcuni giorni fa, ieri ha passato buona parte della giornata a Montecitorio per confrontarsi con diversi deputati. In serata, poi, si è svolta un'assemblea congiunta dei gruppi per valutare la destinazione dei fondi raccolti con le restituzioni e altri temi legati all'attualità politica. La credibilità, però, si raggiunge ottenendo risultati. E, finora, da capo politico l'ex premier non può vantarne parecchi. L'esito delle amministrative non è certo una sua responsabilità. Ma anche dal punto di vista dei sondaggi nazionali il tanto agognato effetto della sua nomina a capo politico non si è visto. Dopo l'iniziale rimbalzo, infatti, il Movimento è tornato a galleggiare intorno al 15% della gestione Crimi. «Manca un progetto» ha detto Spadafora. E, al momento, Conte il temporeggiatore sembra incapace di indicare una via. A giudicare dalla folla che si sta assiepando sulla riva del fiume ad attendere il suo cadavere- politico, s' intende - il tempo che gli sarà concesso non sarà ancora molto. 

 

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