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M5S, Giuseppe Conte fa marcia indietro e si pente del no alla Rai. Beppe Grillo lo prende in giro

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Gaetano Mineo
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Non è trascorsa neanche una settimana, dalla sparata contiana «il M5s non farà più sentire la sua voce sui canali Rai» che già lo stesso autore, Giuseppe Conte, fa un passo indietro. A tal punto che finanche Beppe Grillo lo punzecchia: «È un gentleman e non riesce a dare ultimatum, è specialista di penultimatum». Un affondo, quello del comico genovese, rubricato dall'ex premier «una battuta».

Un fatto è certo, Conte è pronto a tornare davanti alle telecamere della Rai perché «la scelta di non andare più sulla tv pubblica non è irreversibile». Su questo, nessuno ci ha mai creduto. Sicuramente, lo stesso capo dei pentastellati, che per giustificare il dietrofront, aggrappandosi sugli specchi, sottolinea che non c'è «nessuna violazione ultimatum, ma non durerà per sempre». È opportuno ricordare che Conte ha deciso di boicottare la tv di Stato assieme ai suoi pentastellati perché viale Mazzini ha escluso il M5s dalla lottizzazione politica delle nomine dei direttori. Lottizzazione che ai tempi delle scatolette di tonno hanno combattuto ma con le quali, da quando sono nella stanza dei bottoni, hanno imparato a convivere.

Nel mirino dell'ex premier c'è l'Ad della tv pubblica, Carlo Fuortes, che, a detta del capo dei 5 Stelle, «ha scelto di continuare ad applicare la vecchia logica che prevede di tenere conto delle istanze delle varie forze politiche, escludendo il Movimento 5 Stelle». È dura non essere sul «pezzo» nei tg e nei talk show Rai, è così Conte ora è venuto fuori con «la scelta di non andare più sulla tv pubblica non è irreversibile", dribblando che il disertare la Rai «è una decisione che nasce da un passaggio specifico che abbiamo denunciato e che non ci è stato chiarito ma non siamo contro il servizio pubblico e assumere decisioni per tutta la vita politica non avrebbe senso, dobbiamo contestualizzare le nostre decisioni».

A questo punto, prima di tornare «in diretta», Conte fa sapere che «decideremo insieme dopo le audizioni in Vigilanza". Già, audizioni in Commissione di vigilanza dove proprio ieri è stato audito Fuortes che sulle nomine dei direttori è stato chiaro. «Rispondono ai criteri previsti dal contratto di servizio - ha detto l'amministratore delegato della Rai -: equilibrio, pluralismo, completezza, obiettività, imparzialità, indipendenza e di apertura alle diverse istanze politiche e sociali. Credo che si tratti di scelte in sintonia con le esigenze, vantaggiose per l'azienda e per l'intera società italiana di accrescere la presenza delle donne in ruoli riservati in precedenza per lo più ai maschi».

Ma non è solo una questione di spartizione di poltrone, la mossa contiana. Già da giorni serpeggia un malumore all'interno del partito pentastellato proprio sul no di Conte alle telecamere Rai. Eloquente il deputato del M5s Sergio Battelli, che con stile ha preso le distanze poco più di quarantottore fa da Conte. «L'aventino fa male solo a noi», ha detto Battelli, puntellando che «la scelta di non partecipare più alle trasmissioni targate Rai è legittima, ma affrettata. E ve lo dice uno che, a volte per scelta e altre per contingenza, in tv ci va ben poco». E via social ha spiegato che «in un mondo iper connesso se abbandoni uno spazio comunicativo nessuno si strapperà le vesti perché ci sarà sempre qualcun altro che lo riempirà al tuo posto».

Da qui la frecciata a Conte. «Si palesa allora a mio avviso la necessità di interrompere l'uso di strategie comunicative prese sull'onda emotiva ma che durano dalla sera alla mattina- ha rimarcato Battelli - I cittadini chiedono lungimiranza e visione, non populismo e autoreferenzialità che conquista solo chi è già fan». Insomma, «la politica deve fare, non chiedere spiegazioni».

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