le scelte dei partiti
Enigma Salvini sul Quirinale, la mossa a sorpresa: "Nel 2022 governo di centrodestra guidato dalla Lega"
Sulla carta il ragionamento è lineare. «Siamo in un governo un po’ complicato con Pd e M5S - dice Matteo Salvini intervenendo a un seminario a Palermo - ma ci stiamo perché è una fase di costruzione, ma dall’anno prossimo nel nostro destino e nel destino del nostro Paese c’è un Governo di centrodestra a guida Lega». In pratica, si legge tra le righe di quel che dice il leader del Carroccio, al Quirinale sarà eletto Mario Draghi e, con la fine del governo di SuperMario, terminerà anche la legislatura e si andrà il voto. Ipotesi che, allo stato attuale, è tra le meno improbabili nel gran ballo per la Presidenza della Repubblica. E che, però, non scioglie il nodo principale della questione. Anzi, se possibile, lo aggroviglia ancora di più. Tradotto: se davvero l’esito dell’elezione di Draghi significasse la fine anticipata della legislatura, trovare i grandi elettori sufficienti a un’operazione del genere sarebbe pressoché impossibile. Come se Salvini indicasse la strada - SuperMario al Quirinale, appunto - ma al tempo stesso la lastricasse di ostacoli insuperabili. Fatta l’esegesi delle dichiarazioni del leader della Lega, resta da stabilire quale fosse l’obiettivo di una simile uscita. Difficile, in una politica in cui niente viene mai lasciato al caso, che Salvini sia stato male interpretato o che si sia semplicemente sbagliato (avesse detto «dal 2023 avremo un governo di centrodestra» non ci sarebbe stato nulla da eccepire). E allora si torna al punto di partenza: perché?
Leggi anche: Enrico Letta rinuncia alla politica: non aspetti Natale per fare la propria mossa sul Colle
L’interpretazione più plausibile è che quello di Salvini a Draghi sia un abbraccio mortale. Fingendo di volerlo portare al Colle, di fatto gli si scava la fossa sotto i piedi. L’ipotesi più deleteria per l’attuale premier, infatti, sarebbe proprio quella di partecipare alla corsa al Quirinale senza vincerla. Un simile scenario significherebbe la fine anche dell’esperienza di governo, perché una maggioranza così variegata come quella attuale difficilmente reggerebbe a uno choc simile. Il terremoto porterebbe comunque a elezioni anticipate che il centrodestra avrebbe buone probabilità di vincere. Che poi il governo sia realmente a guida leghista lo decideranno, in base alle regole d’ingaggio della coalizione, gli elettori. Concetto, peraltro, ribadito ieri anche da Giorgia Meloni: «Partiamo con una campagna elettorale nella quale i cittadini ci dicono quale partito sarà primo all’interno della coalizione e che quindi, in caso di vittoria, esprimerà il premier. Potenzialmente siamo tutti candidati in partenza. E quindi è assolutamente giusto quello che dice Salvini» ha spiegato ieri la leader di Fratelli d’Italia durante un evento a Milano. In più, particolare non trascurabile, l’eventuale premier di centrodestra si ritroverebbe davvero con «pieni poteri», non avendo al Quirinale un garante ingombrante come Draghi.
Leggi anche: “Rischio enorme di pasticcio”. A Controcorrente la paura di Federico Geremicca sul futuro dell’Italia
Lo sconfitto di uno scenario del genere sarebbe invece Giancarlo Giorgetti, che aveva fissato proprio nel presidenzialismo «de facto» di Draghi al Colle l’esito più probabile della legislatura. Che Salvini voglia in qualche modo ridimensionare i progetti giorgettiani è d’altronde comprensibilissimo, visti i rapporti tra i due ai minimi termini. Non a caso, sempre ieri, il leader della Lega, ha ricordato il suo imminente viaggio in Polonia che servirà per rafforzare quell’asse con i sovranisti dell’Est Europa che va in direzione esattamente contraria agli auspici del ministro dello Sviluppo per una Lega nel Ppe. Resta da capire come si ricomporrebbe il quadro dell’elezione al Quirinale una volta bruciata la carta Draghi. L’ipotesi Berlusconi resta tanto fascinosa quanto difficilmente realizzabile. Su Marcello Pera è stato lo stesso leader della Lega a frenare (per non bruciarlo?). Insomma, si è ancora nella fase destruens. Per quella costruens potrebbe essere utile chiedere consigli (e voti) a un altro Matteo della politica. Uno che di manovre parlamentari ed elezioni di Capi dello Stato qualcosa già ne sa...