"Draghi salirà al Colle", la first lady chiude la partita del Quirinale
Al Quirinal Party che si è aperto da quest'estate quando è scattato il semestre bianco di Sergio Mattarella (gli ultimi sei mesi del suo mandato in cui ha perso il potere di sciogliere le Camere) è sbucato ieri l’invitato meno atteso che ci potesse essere. Si chiama Antonino Proietti, e ai più (anche a me) sarà sconosciuto. Ma è il titolare del bar «Pagaroma» di viale Bruno Buozzi a Roma, che sta proprio di fronte all’abitazione capitolina del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Sor Antonino ieri è stato ospite di Un Giorno da Pecora, trasmissione cult di Radio Uno, dove quei volponi di Giorgio Lauro e Geppi Cucciari se lo sono cucinati a puntino, ricavando un clamoroso scoop. Il Proietti si è messo a rivelare le passioni del suo celebre cliente e della famiglia. Draghi era suo cliente abituale prima che lo chiamassero a palazzo Chigi: passava di lì per la colazione, ogni tanto sbocconcellava un cornetto, altre volte si concedeva un aperitivo a bassa gradazione alcolica: Aperol Spritz. Qualche volta l'arsura del momento lo spingeva al bis, ma certo non per quello l'attuale premier rischiava di perdere l'aplomb. Peccato che non si sia fatto più vedere dal momento che la Patria lo ha chiamato a guidarne il governo. Questioni di sicurezza, si capisce, e sor Antonino svela che anche quelle da qualche giorno sono aumentate: a Draghi è stata rafforzata vigilanza e scorta, e sempre da quelle parti staziona una legioncina di carabinieri (almeno una cinquantina a sentire lui) preoccupata da eventuali sorprese di no vax e no green pass. La legioncina è benvenuta, perché non essendoci alternative comode, il caffè è consumato da tutti proprio al Pagoroma, dove di tanto in tanto arriva pure con la sua piccola scorta la gentile consorte del presidente del Consiglio, Maria Serena Cappello, che fino a ieri conoscevamo per la grande riservatezza e un certo fastidio per i riflettori che ovviamente in questi mesi si sono accesi sulla famiglia.
Chi ha sentito ieri Un giorno da pecora però deve avere avuto altra impressione sulla first lady. Perché Sor Antonino ha raccontato di averla vista l'ultima volta la scorsa settimana, e Giorgio Lauro l'ha interrotto: «Avete parlato un po'? Le ha chiesto se lui vuole fare il Presidente della Repubblica o no?». Risposta secca del barista: «Sì, sì. Sicuramente lo fa, mi ha detto». Risposta ripetuta davanti a una nuova domanda di Lauro, che temeva di non avere capito bene. Il colloquio è proseguito con il racconto pure delle preoccupazioni della signora per il prossimo trasferimento al Quirinale, perché gli impegni lassù sono meno evitabili e soprattutto ci si può scordare gli adorati fine settimana nel casale di famiglia a Città della Pieve. Confessione forse incauta, perché i baristi a differenza dei sacerdoti non paiono tenuti al segreto ministeriale, e questo Sor Antonino pare piuttosto ciarliero. Ma quello di Draghi candidato al Quirinale è un po' il segreto di Pulcinella, perché di questa ipotesi parliamo da prima ancora che l'italiano più autorevole al mondo ricevesse la proposta di succedere invece a Giuseppe Conte per non fare naufragare l'Italia prima che un solo centesimo di quella pioggia di miliardi europei del Pnrr potesse davvero arrivare qui.
Prima che arrivasse la rivelazione del suo barista fino a quel momento di fiducia (da domani temo assai meno), nessuno in realtà aveva la risposta alla domanda che fa ballare e in parte anche tremare tutto il mondo politico: «Ma lui, superMario, che vuole fare? Restare a palazzo Chigi o salire sul Colle più alto di Roma?». Chi ha osato fargli la domanda al massimo si è sentito rispondere in privato: «A fine dicembre ti risponderò». Mentre a decine già in queste settimane hanno risposto in vece sua, quasi sempre consigliando caldamente con toni anche gravi la sua permanenza a palazzo Chigi, per rassicurare il resto di Europa sulla gestione del solito Pnrr. In questo pressing ovviamente c'è soprattutto l'idea di togliere dalla mischia un candidato ingombrantissimo alla successione di Mattarella, perché magari in testa si pensa alle buone chances proprie o di amici. A dire il vero tutti o quasi gli altri possibili candidati al Colle sarebbero parecchio divisivi e mai ce la facessero per una manciata di voti e accordi al riparo del voto segreto, finirebbero con lo spaccare definitivamente la maggioranza che sostiene il governo chiudendo a Draghi entrambe le strade possibili e mettendoci davvero nei guai con l'Europa. L'unico ad avere sulla carta un pacchetto consistente di voti è Silvio Berlusconi, perché il centrodestra continua ad essere la maggioranza relativa del Parlamento allargato alle Regioni. Nessun altro parte alto come lui fra i candidati di bandiera, ma diremmo una bugia se negassimo che il suo nome sia divisivo e assicurassimo le buone chances di trovare i voti che mancano nelle fila del centrosinistra e dei grillini.
Ad oggi non esiste un candidato al Quirinale che più di Draghi sia in grado di assicurare coesione politica interna e allo stesso tempo rassicurare alleati e partner internazionali oltre i confini. Il Pnrr è fatto, la sua realizzazione non dipende tanto da chi sta a Palazzo Chigi, ma dalla squadra che ne ha in mano il meccanismo oltre che dai controlli che comunque devono essere assicurati. E ovviamente l'Europa sarebbe più rassicurata da un Draghi alla guida dell'Italia per sette anni dall'unico posto - il Quirinale – stabile della politica nazionale, piuttosto che da un annetto in più alla guida di un governo esposto a sicuri capricci e intemperie della politica. Tutto certo può accadere ancora, ma il sospetto è che Sor Antonino, il probabile ex barista dei Draghi, ieri ci abbia azzeccato.