Mottarone, il piano diabolico di nonno Peleg: così ha rapito il piccolo Eitan per portarlo in Israele
Shmuel Peleg, nonno materno di Eitan, il bambino unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, e il complice Alon Abutul Gabriel, l’11 settembre hanno messo in atto «un certosino piano di esfiltrazione» per rapire il bambino dall’Italia e portarlo con un volo privato a Tel Aviv. Per questo il gip di Pavia Pasquale Villani, su richiesta del procuratore Mario Venditti e del pm Valentina De Stefano, ha firmato un mandato di arresto internazionale per il nonno e per il complice, che lavora per la società di sicurezza privata BlackWater.
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Sono accusati, in concorso con la nonna materna Esther Cohen, dei reati di sequestro di persona, sottrazione e trattenimento di minore all’estero e di non aver osservato il provvedimento del giudice tutelare di Pavia, che confermava la zia paterna Aya Biran tutrice legale del piccolo.
Quello che hanno messo in atto è un piano «destinato, dapprima, a eludere ogni possibile investigazione o accertamento da parte delle forze di polizia», con diverse stanze di hotel e diverse auto noleggiate, voli aerei prenotati per confondere i loro movimenti e altri stratagemmi, per poi attuare «il rapimento di Eitan con un’azione all’un tempo fulminea e irresistibile».
Contro la richiesta di arresto, i legali del nonno, gli avvocati Paolo Sevesi e Sara Carsaniga, hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Milano. L’eventuale esecuzione, tuttavia, potrebbe richiedere del tempo. L’ordinanza è stata vagliata dalla Procura generale di Milano, che ha trasmesso la richiesta di estradizione al ministero della Giustizia, che a sua volta inoltrerà «per vie diplomatiche» al ministero della Giustizia israeliano.
Difficile prevedere se Israele, in base alle convenzioni internazionali firmate con l’Unione Europea come membro esterno, deciderà o meno di estradare Peleg. Di certo c’è che il rapimento del bambino, ripercorso passo passo dal gip, era stato preparato meticolosamente, tanto da superare anche il controllo passaporti a Lugano nonostante per Eitan ci fosse il divieto di espatrio.
«Tali circostanze lasciano indovinare che, nel frangente, siano state impiegate tecniche (o forse anche solo mere e non confessabili cointeressenze) di "intelligence parallela"», scrive il gip. Il nonno, portando via il bambino «ha inseguito la chimera di salvare se stesso - che certamente è stato, a sua volta, profondamente segnato dall’immane tragedia del Mottarone - non già Eitan - chiarisce il gip -. Riportare "a casa" il bambino», come voleva fare «e cioè "trasportarlo" in Israele ha corrisposto forse a una legittima, e finanche comprensibile aspirazione a che questi crescesse in una più stretta connessione verso le proprie radici ebraiche e il ramo materno della sua famiglia».
In questo modo, però, ha mostrato «mancanza di discernimento e di pietà verso il piccolo Eitan», che con difficoltà stava cominciando a riprendersi dal terribile trauma del Mottarone, e lo ha trattato «come fosse un oggetto». «Il bambino - scrive ancora il gip - non era un oggetto da trasbordare ma una persona. Una persona in condizioni di indicibile fragilità, non per la tenera età, ma per gli eventi indicibilmente tragici occorsigli. Una persona che, nonostante la tenerissima età, con coraggio e forza, stava cercando a sua volta di salvare il suo piccolo mondo, orrendamente deprivato dopo la morte dei genitori e del fratellino, resisteva ancora nella famiglia di sua zia, della piccola comunità di Travacò» alle porte di Pavia, dove abita la zia paterna Aya Biran - che ha subito minacce - con il marito Or Nirko e le cuginette.
Determinante per capire se e quando Eitan potrà tornare in Italia sarà l’udienza di domani davanti al Tribunale Distrettuale di Tel Aviv. I nonni Peleg, infatti hanno impugnato la decisione del Tribunale della Famiglia israeliano, che ha stabilito che - in base alla Convenzione dell’Aja - il bimbo deve tornare a vivere a Pavia. La decisione potrebbe arrivare in pochi giorni.