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Raccomandati e posti di lavoro, Zingaretti spieghi perché succede sempre nel Lazio

Francesco Storace
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Adesso Nicola Zingaretti una parola dovrà dirla. L’ennesima concorsopoli della regione Lazio non può vedere «Saponetta» scivolare come al solito. Aver annullato un concorso – come racconta Daniele Di Mario nella sua inchiesta – non è stato un atto di eroismo, ma una fuga per il timore che crollasse il nuovo castello eretto da un’amministrazione che pensa di poter fabbricare posti di lavoro per gli amici degli amici.

 

Il governatore è passato indenne dalle precedenti bufere in materia. Il concorso di Allumiere, una mostruosa operazione di sistemazione del sottobosco politico alla faccia di tanta povera gente che il lavoro non sa più che cosa sia o dove trovarlo; la combine di Latina, alla Asl, che ha visto inguaiati esponenti di prim’ordine del Pd pontino. Zingaretti – more solito – non ne sapeva nulla.

E pure adesso fa come le tre scimmiette. Magari si vorrà pure vantare di aver annullato il concorso che serviva a reclutare un po’ di soggetti politici dei territori coincidenti con le Asl 4 e 5. Ma basta leggere la sfilza di nomi usciti dalle graduatorie di quanti risultavano idonei per gli orali, per capire che qualcosa non andava. Che si era esagerato. E quindi, per prudenza, annullare tutto. Dopo Latina e Allumiere meglio placare gli appetiti... Ma stavolta il Tar si è messo di traverso. Di fronte ai ricorsi contrari all’annullamento delle prove, ha scoperchiato il pentolone. Chi ci ha provato in una maniera così sconsiderata?, chiede nella sostanza il tribunale amministrativo. Il perché pare evidente: se ci sono anomalie in un concorso non cancelli tutto, ma le sani, prendi provvedimenti, non impedisci di andare avanti. Perché non tutti sono raccomandabili, signor presidente.

 

Si parla di sanità e si parla di lavoro. Provarci ancora – dopo Allumiere e Latina – risulta davvero disdicevole. Attenzione: a Zingaretti noi chiediamo solamente perché nel Lazio devono sempre accadere cose del genere. E lo facciamo con il massimo della prudenza.
Se volessimo fare scandalismo, pubblicheremmo tutti i nomi e cognomi – con tanto di cariche politiche o rapporti di parentela di illustri candidati al concorso – che hanno tentato di sfangarla. Di Mario li custodisce gelosamente, perché non ci piace buttare tutti nel frullatore.

Ma appare sempre più evidente che ci si trova di fronte a superficialità reiterate alle quali bisognerà mettere un freno. Ed è proprio il Governatore a dover spiegare – con il massimo delle precisione possibile – che cosa succede alla regione quando si parla di sanità e di lavoro.

Il concorso di Allumiere non è stato annullato, nonostante l’inchiesta della magistratura e al massimo ne è nata una commissione trasparenza alla Pisana, guidata con dedizione da Chiara Colosimo di FdI. Quello di Latina è stato bloccato dalla Procura. Per questa nuova puntata, tanta solerzia, resa vana dal pronunciamento del Tar: tutto questo è molto strano e nessuno può pensare di fare il furbo, anche se fosse accaduto alle spalle di Zingaretti.

 

La miscela di raccomandazioni su sanità e lavoro è qualcosa di devastante agli occhi dell’opinione pubblica. Si renda conto, il governatore, che se qualcuno dovesse pubblicare quei nomi dei presunti raccomandati, non si potrebbe più sfuggire di fronte alla domanda: ma il vostro Pd fa sempre queste cose?

Chi si è dimesso da segretario del suo partito denunciando coraggiosamente lo schifo altrui, non può certo esportarlo nella regione che governa. La ramazza bisogna usarla con serietà, non solo per scacciare da sé i sospetti, sempre più comprensibili. È ora che la stessa regione Lazio dica chi e a favore di chi ha tentato di giocare una partita sporca nel solito concorso. Perché non si parla più di raccomandazioni solitarie, ma di pacchi di assunzioni a beneficio della politica. Un copione che si ripete troppo spesso.

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