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Alla grande corrida della Lega alla fine si è salvato proprio il toro: tregua Salvini-Giorgetti

Francesco Storace
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Matteo Salvini «lega» Giancarlo Giorgetti. Almeno in apparenza. Poi, gratta gratta, al Consiglio federale del partito, annunciato come quello della resa dei conti, Salvini ha esibito il piglio del Capitano ma senza affondare. L’altro ha espresso una fiducia al Segretario che sui giornali non appare mai. Risultato: le truppe salviniane raccontano che il ministro «è tornato a cuccia». Gli altri rispondono con il solito «stai sereno», che non promette nulla di buono. Certo, Salvini porta a casa il consenso all’assemblea dell’11 e 12 dicembre “per sancire, aggiornare e decidere i binari su cui viaggiamo”, ma non è un congresso; dice basta alle polemiche, sapendo che continueranno; e presenta il suo piano sulla manovra economica, che però – se le cose stanno come pare – Mario Draghi discuterà con Giorgetti e buonanotte ai suonatori.

 

 

Del resto, il ministro non voleva dare l’idea della fuga, anche se ormai gli hanno cucito addosso la divisa del neocentrista. Ed è stato tra i primi ad esprimere «totale fiducia nell’attività, nella visione e nella strategia del Segretario Salvini», stando a quanto riferiscono le fonti leghiste. Dietro le quinte, le cose stanno un po’ diversamente. Salvini era certo dei numeri del «federale» e non ha concesso alcuno spazio di manovra. Giorgetti lo sapeva e ha fatto la parte di chi acconsente. E in un discorso di quasi un’ora, Salvini ha toccato molti punti. Tra i temi e gli obiettivi, il leader ha rimarcato «il massimo impegno sul taglio delle tasse. Nove miliardi per regalare redditi di cittadinanza a furbi ed evasori non è rispettoso per chi fatica e lavora, interverremo in Aula per dirottare sul taglio delle tasse una parte di quei miliardi». Oltre al rituale richiamo: «Basta mettere in discussione la compattezza e la visione della Lega». Perché, dice il Capitano, «voglio parlare di flat tax o bonus ai genitori separati, temi concreti. Non altro». L’Europa? «Il Ppe non è mai stato così debole, è impensabile entrare nel Partito popolare anche perché è subalterno alla sinistra. E noi siamo alternativi alla sinistra». Ma la partita è già oltre il consiglio federale.

 

 

Se Giorgetti avrà coraggio e i suoi lo seguiranno – afferma sicuro uno dei suoi fedelissimi lombardi - potrebbe fare il bastian contrario per il Quirinale, col voto segreto. E Giorgetti sta affilando le lame.... «Uno che gestisce 18 miliardi col Pnrr si può permettere relativa tranquillità». Altrimenti non ha armi in mano, mentre gli uomini del Segretario denunciano come sia stato oltrepassata da Giorgetti «l’asticella della tollerabilità». Ma se poi non succede nulla di eclatante, è difficile dare retta a mosse e contromosse. Hai voglia poi a rinfacciargli – come fa con coraggio e pubblicamente il deputato europeo Casanova – che «se siamo tutti qui è per Salvini e non per lui». Figuriamoci se il ministro dello sviluppo economico si può commuovere... Forse, la partita è appena iniziata. Alla corrida di ieri il toro non lo ha matato nessuno. Si era ben defilato. Basta non scalciare quando il momento non è propizio.

 

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