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L'accusa di Paragone: ormai Mario Draghi è già diventato il Papa Re e padrone del Parlamento

Gianluigi Paragone
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L’ipotesi di Giancarlo Giorgetti, il gran maestro leghista in fatto di relazioni politicamente pericolose e trame finanziarie, su un presidenzialismo in salsa draghiana non è una boutade di Palazzo, ma la proiezione di un governatorato già in essere. Un governatorato emergenziale. Mario Draghi non è un primus inter pares, un presidente del Consiglio come la (fu) Costituzione prevede: Mario Draghi è il Governatore dell’Italia, è colui che ha addomesticato una maggioranza parlamentare composta da gente entrata per spaccare il sistema e che ora è più triste delle dame di compagnia e di viscidi cortigiani. Non solo. Non bastandogli i numeri in parlamento è campione assoluto di voti di fiducia in un dato arco temporale. Insomma, Draghi è il Padrone del Parlamento. È il faro nell’emergenza e la luce di una moltitudine di peones e di penne in cerca di autore. Draghi è la salvezza e lo Spirito santo. Draghi è italiano, europeo, mondiale e mondialista. Draghi è tutto. O quasi... Gli manca l’incoronazione nella notte di Natale.

 

 

Per questo Giorgetti, che ormai si muove come un cardinale, si è premurato di aprire la porta del conclave e proporre la quadratura del cerchio. Perché scaldarsi sulle incertezze del dopo Mattarella, quando Mario Draghi può essere il Presidente di una repubblica presidenziale o semipresidenziale perimetrata da una Costituzione incistata su una repubblica parlamentare? Draghi Presidente è lo spariglio che tutti vogliono. È il papa re. È l’uomo forte che la Costituzione non prevede (né vorrebbe) ma che tutti vogliono per affrontare l’emergenza di uno Stato, non uno stato d’emergenza. Il parlamento prossimo venturo sarà a ranghi ridotti, sarà sempre più servile e poi ormai la decretite non è più una malattia di stagione, va accettata con un bel vaccino presidenziale. E che dire del giornalismo? La Rai centralizzerà le stanze dei Tg in una war room unica con un direttore unico: inutile spendere soldi quando la scaletta è la stessa. Non c’è resistenza. Né ce ne dovrà essere perché... «Dove lo troviamo un altro come Lui; teniamocelo stretto prima che se ne vada».

 

 

Ecco, preghiamolo a restare con un Padre nostro, dove il Padre è sempre lui. Insomma, non siamo ancora alla tentazione del governo militare evocato da Sorgi («a mali estremi, estremi rimedi») ma siamo alla beatificazione dell’uomo solo al comando. Con i salamelecchi di quegli antifascisti che cantavano Bella Ciao, i quali a furia di parlare di ismi sono entrati dentro il draghismo a tal punto da esserne gli arditi. Ma a tutti costoro mi permetto di domandare: quando Draghi non dovesse più esserci e dovesse arrivare un altro, si torna allo spirito della Costituzione oppure il Presidenzialismo in salsa draghiana resta? Domanda inutile. Le regole si applicano coi nemici e si interpretano con gli amici. Per questo il popolo poi (si) sfila.

 

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