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Mario Draghi a Chigi e sul Colle è una follia politica e troppo per la Costituzione

Paolo Cirino Pomicino
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Sembra che cresca ogni giorno di più l’impazzimento del nostro sgangherato sistema politico. L’ultima trovata per raddrizzare non si sa che cosa è stata quella del ministro Giancarlo Giorgetti che divorato dal comprensibile affetto per Mario Draghi non solo lo candida al Colle nel prossimo febbraio ma propone qualcosa di più. Ben sapendo che di presidenti del consiglio efficienti come Draghi sembra che non ci siano molti in giro il caro Giorgetti propone l’elezione a presidente della Repubblica del premier ma spiega che in realtà può continuare a governare attraverso una terza persona scelta direttamente da lui come fa Macron. Sembra quasi una battuta da bar anche se questa ipotesi ha fatto fare salti di gioia a giovani giornalisti mentre qualcuno timidamente ha fatto notare che noi siamo in una democrazia parlamentare. Ma cosa importa se c’è di mezzo la Carta Costituzionale quando c’è di mezzo il Bene dell’Italia dicono alcuni editoriali. Allora il discorso è serio, troppo serio per poterlo liquidare con una battuta uguale e contraria.

 

 

Se qualcuno vuole il presidenzialismo visto il crollo della credibilità dei partiti nessuna sorpresa, anzi forse sarebbe utile aprire un dibattito perché i sistemi presidenziali sono l’altra forma della democrazia rappresentativa. La strada però è una sola, presentare un disegno di legge costituzionale per trasformare la nostra democrazia parlamentare in chiave presidenziale o semipresidenziale. Con il metodo Giorgetti si fanno le pizze non i semi presidenzialismi di fatto! Forse sarebbe utile che lo stesso premier dicesse una parola ricordando che siamo in una democrazia parlamentare come ha subito dichiarato Il presidente della Camera. Draghi deve ricordare che gli abbracci amorosi dei realisti più del re possono togliere il respiro sino a far morire soffocati. Lo diciamo senza enfasi anche perché noi siamo tra quelli che ritengono che Draghi possa essere una energia da impegnare in ruoli esecutivi, in Italia o in Europa, e non certo in ruoli di rappresentanza che pur avendo funzioni di indirizzo pubblici o sussurrati sono una cosa diversa dai ruoli esecutivi. Se prendiamo cappello sulla proposta di Giorgetti è solo per ricordare a noi stessi che nel novecento furono i parlamenti a dare i pieni poteri a Mussolini e ad Hitler e non certamente il popolo. Alla stessa maniera i poteri speciali ad Orban li ha dati il parlamento ungherese senza che ci sia stato un golpe politico o militare.

 

 

Sarebbe saggio se lo stesso Giorgetti, che sembra essere un moderato e che addirittura vorrebbe la Lega in quel partito popolare europeo che ha messo in angolo Orban e che sia appresta a sollecitare sanzioni sulla Polonia per sue posizioni nazionaliste ed antieuropeiste, chiarisse il senso vero di quel che gli mette in bocca Bruno Vespa. Ma, ripetiamo, dovrebbero essere i partiti a dire una parola di chiarezza o respingendo al mittente una proposta che sembra fatta dopo un’abbondante libagione accompagnata da un vinello impertinente o presentando un disegno di legge per introdurre un sistema presidenziale. Tertium non datur ricordando sempre che parole gettate al vento in un sistema politico traballante possono alimentare un metodo autoritario che è cosa profondamente diversa dall’avere un presidente del consiglio autorevole. E mai come in questo momento il potere decisionale si è già spostato pesantemente dal parlamento al governo non solo per i provvedimenti anti pandemia e per il PNRR ma anche per molte riforme in corso d’opera.

 

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