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Tra Quirinale e Senato, i segreti dell'ultima faida Conte-Di Maio

Così Giggino prepara lo sgambetto al mai amato Giuseppi. Il retroscena

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Nel libro appena uscito, "Un amore chiamato politica", Luigi Di Maio si esercita in un elenco di encomi al capo politico del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, definito leale, intelligente, studioso, sincero e via dicendo. Un ritratto così dorato da destare qualche sospetto, visto che in passato non erano mancati i retroscena su un presunto dualismo tra i due.

Ironia della sorte, il libro del ministro degli Esteri è stato messo in vendita proprio nei giorni in cui la sfida tra i due rappresentanti più autorevoli del Movimento sta tornando d'attualità. Sullo sfondo, la partita del Quirinale. Con Giuseppe Conte che nelle scorse ore ha rotto gli indugi aprendo alla possibilità che sul Colle più alto di Roma si sieda Mario Draghi. "Ma ciò non significherebbe automaticamente che si vada subito a votare" ha specificato frettolosamente l'ex premier, preoccupato del vero e proprio terrore che coglierebbe buona parte dei suoi parlamentari all'idea di elezioni anticipate.

A non fidarsi di questa prospettiva, però, è proprio Di Maio. Che in un'intervista alla Stampa se l'è presa platealmente con tutti coloro che in queste settimane si esercitano nel "toto-Quirinale" accusandoli di bruciare i nomi migliori. E spiegando anche come sia assurdo a suo parere interrompere ora l'azione del governo proprio mentre vanno implementare le riforme per ottenere i fondi del Pnrr europeo.

Non finisce qui, perché poi Di Maio, alla domanda su un suo presunto "innamoramento" per Draghi, risponde chiaramente: "Sono innamorato solo della mia fidanzata, ma è impossibile non vedere con quanta autorevolezza il presidente del Consiglio porta avanti i negoziati internazionali". Il ché non solo stride con il giudizio dato da Conte sul G20 romano, dai risultati "troppo timidi", ma rischia di urtare la sensibilità e il super ego di "Giuseppi", ancora nostalgico di quando a quei vertici sedeva lui. Evidentemente, secondo Di Maio, con meno "autorevolezza".

Insomma, Di Maio sembra molto più iscritto al partito di Draghi che a quello di Conte. E a testimoniare come le frizioni tra i due dioscuri grillini non siano solo chiacchiere da retroscenisti, c'è una circostanza molto particolare. Domani, infatti, al Senato i parlamentari del Movimento 5 stelle eleggeranno il proprio capogruppo che dovrebbe prendere il posto di Ettore Licheri. Lo stesso Licheri - contiano di ferro, vero e proprio emissario dell'ex premier nella Camera alta - si è ricandidato e ha buone chance di spuntarla, visto che a Palazzo Madama i fedelissimi di "Giuseppi" sarebbero in maggioranza.

C'è un però. Rappresentato dalla senatrice che si è candidata contro di lui. Trattasi di Maria Domenica Castellone, che sta conducendo la sua "campagna" al grido di "è il momento di una donna". Non una donna qualsiasi, però, ma una delle più dimaiane di gruppo. Che ci sia la mano di Giggino dietro la candidatura? Difficile dirlo. Fatto sta che se Conte dovesse subire una battuta d'arresto al Senato - o ottenesse solo una vittoria striminzita - le cose per lui si complicherebbero parecchio. Già alla Camera, infatti, l'ex premier si è dovuto arrendere alla permanenza del capogruppo Davide Crippa fino a fine dicembre. Crippa, vicinissimo a Beppe Grillo, gode della stima della maggior parte dei deputati e di certo non è un contiano.

Insomma, anche in tempi non vicinissimi al voto nel Movimento il caos e la guerra tra bande non si arrestano. E per Conte, che in Parlamento neanche c'è, controllare le truppe è sempre più un'utopia.

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