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G20 a Roma, per Mario Draghi è un successo azioni immediate sul clima

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"Non è stato facile raggiungere questo accordo, è stato un successo e dobbiamo ringraziare gli sherpa". Mario Draghi chiude il G20 di Roma e, nonostante tutto, vede il bicchiere mezzo pieno. Sul clima, dopo una notte di trattative e qualche applauso che, a mattina, si sente provenire dalla stanza dei negoziati, in realtà, lo la svolta non c'è. "Per la prima volta", sottolinea il premier italiano, i Paesi del G20 si sono impegnati a contenere il riscaldamento climatico entro gli 1,5 gradi, "con azioni serie e immediate". Nella dichiarazione finale dei leader, però, come deadline per quel che riguarda il raggiungimento dell'obiettivo emissioni zero di gas serra resta un vago "entro la metà o intorno alla metà del secolo".

E' nella strada fatta, forse ancor di più che nel traguardo raggiunto, che Draghi crede. "Negli ultimi anni siamo stati poco capaci di lavorare insieme ma è oggi cambiato qualcosa", assicura il presidente del Consiglio ai giornalisti nella conferenza stampa finale. "Questo vertice mi rende fiducioso sulla capacità che il G20 sembra aver ritrovato nell'affrontare sfide epocali". Il Covid è una 'lezione' imparata a caro prezzo da tutti i Paesi, ma anche le sfide contro i cambiamenti climatici e le disuguaglianze di genere e quella per un nuovo modello di sviluppo vanno affrontate insieme.

Per questo il padrone di casa mette in luce la "maggiore disponibilità" manifestata da Cina e India nel limitare le nuove centrali a carbone. Pechino, sottolinea, ha usato un linguaggio nuovo, "più proiettato al futuro e non ancorato al passato", accettando "la valenza scientifica" di quel grado e mezzo. "Non sono impegni facili". Certo, riconosce, l'impegno "non è netto". E infatti, negli stessi minuti in cui lui tira le sue conclusioni sulla due giorni di lavori, Boris Johnson - che da domani guiderà a Glasgow la Cop26 - e il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, danno interpretazioni quasi opposte di quel che è stato e, soprattutto, di quel che sarà. Spinge per stringere sul 2050 il premier britannico, perché altrimenti l'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi "è molto in bilico. Attualmente non lo raggiungeremo, dobbiamo essere onesti con noi stessi", dice chiaro pur invitando tutti a "mantenere viva la speranza". Scatta una diversa fotografia il ministro degli esteri russo: "Perché ritenete che il 2050 sia un numero magico?" se "è un'ambizione dell'Unione europea, anche gli altri Paesi hanno il diritto di avere ambizioni". La Russia, spiega lasciando Roma, dove è giunto in rappresentanza di Vladimir Putin, "ha fatto i suoi calcoli, non ci piace procedere per ambizioni e promesse vuote", "abbiamo annunciato che raggiungeremo la carbon neutrality non oltre il 2060, aderiamo a questo".

Draghi dà la sua interpretazione. "Rispetto alla situazione precedente l'impegno pende un pochino più verso il 2050. Nel linguaggio del comunicato non è un impegno preciso nel 2050 ma prima era un impegno assolutamente assente, si parlava addirittura di fine secolo. C'è stato uno spostamento", sottolinea. Non solo. "Certo avremmo preferito l'impegno di tutti sul 2050 ma credo ci si arriverà", scommette. "In questo vertice - insiste - abbiamo fatto sì che i nostri sogni siano ancora vivi ma adesso dobbiamo accertarci di trasformarli in fatti". Ad aiutare i grandi a "mantenere la rotta giusta", dice Draghi nel giorno in cui Greta Thunberg sbarca a Glasgow e 'bacchetta' i leader, ci sono gli attivisti. "Molti dicono che sono stanchi del bla bla bla - dice citando proprio il j'accuse della giovane ambientalista svedese - io credo che questo summit sia stato pieno di sostanza. Abbiamo riempito di sostanza le parole".

La 'ricetta' per il futuro, per il premier, è l'unica sin qui rivendicata come propria. E vale parlando ai ministri seduto al tavolo del Governo a palazzo Chigi quando si tratta di stilare la tabella di marcia del Pnrr, così come se i destinatari del messaggio sono i grandi della terra. "Adesso - è l'avviso - bisogna dimostrare credibilità mantenendo le promesse fatte. Il giudizio finale si formula sulla base di quello che facciamo e non di quello che diciamo".

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