Vietato fare domande al ministro del Lavoro o ti fa licenziare (se ci riesce). L'assurdo tweet di Orlando
Brutta, bruttissima “twittata” di Andrea Orlando, che sarebbe il ministro piddino del Lavoro. Scorrazza sui social e se si imbatte in una giornalista che gli rinfresca la memoria, “tagga” il quotidiano con cui collabora. Un segnale davvero pesante.
Materia del contendere il disegno di legge Zan, che evidentemente ha fatto impazzire gli esponenti del Pd, tutti a caccia di Matteo Renzi. Scrive Orlando: “Compagni e amici, a me l’idea, più o meno esplicita che se due fanno l’accordo e uno non lo rispetta, la colpa sia di quello che si è fidato, perdonatemi, ma non riesce del tutto a persuadermi. Fortunatamente i nostri codici non si fondano ancora su questo principio”.
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Al tweet sui “principi” rispondono in molti. Tra questi, Annarita Di Giorgio, che collabora con Il Foglio. Mal gliene incolse con quel memo fotografico twittato al ministro. Perché al ministro che fa la morale su chi fidarsi o meno, la Di Giorgio ricorda quando proprio Orlando disse: “Noi con la destra governi non ne vogliamo fare, sarebbe paradossale riportare Salvini al governo direttamente o indirettamente”. Colpito!
E Orlando, piccato, risponde con rara maleducazione alla giornalista (che conosce, per essersi lamentato più volte con Il Foglio): “Avere un troll che scrive su Il Foglio è un privilegio raro”.
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Primo: su twitter ci sono tutti e non solo “compagni e amici”, linguaggio non appropriato per un ministro.
Secondo: se uno fa il ministro del Lavoro non scrive – non “tagga” - il datore di lavoro. Perché diventa una pressione imbarazzante.
Terzo: dare del troll a una giornalista è davvero volgare.
Tanto è vero che Orlando si becca la replica del direttore del Foglio, Claudio Cerasa, in difesa della giornalista: “Rispetto al tema dei troll, caro ministro, chiederei qualche piccola e affettuosa ripetizione agli alleati del Pd, area Taverna-Toninelli, per capire che differenza c’è tra chi fa domande nel merito e chi invece insulta a caso”.
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Ma il ministro non si scusa, beccandosi però una valanga di rimproveri dalla rete. Perché minacciare una giornalista non è esattamente elegante.