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La resa dei conti sul ddl Zan. Salta la trattativa in maggioranza dopo riunioni e liti

Tommaso Carta
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Era un tentativo, ma è andato a vuoto: il ddl Zan stamattina alle 9.30 sarà in aula al Senato. Con tanto di tagliola del «non passaggio agli articoli» proposto da Lega e FdI. La mediazione finisce male tra le forze di maggioranza, che prima in una riunione con il presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, Andrea Ostellari, poi in conferenza dei capigruppo, mostra la profonda spaccatura tra centrodestra e centrosinistra. Che ora mette a rischio il provvedimento contro l’omotransfobia, su cui incombe la spada di Damocle del voto segreto. Riavvolgendo il nastro di una giornata intensa e complessa, il Pd prova a tenere le file della coalizione con delle riunioni singole con gli alleati in vista del vertice convocato da Ostellari per il pomeriggio con i capigruppo: appuntamento al quale M5S e Leu decidono di non presentarsi, mentre Iv e dem provano a darsi una linea comune, con i renziani che ripropongono di ripartire dal ddl Scalfarotto. Uno sforzo che si rivelerà inutile, perché nel tardo pomeriggio va in scena l’ennesimo muro contro muro dei due blocchi contrapposti. Con tanto di scene di tensione durante la riunione nel piano ammezzato di Palazzo Madama.

 

 

Al punto che la capogruppo delle Autonomie, Julia Unterberger, prova a lasciare la riunione anzitempo: apre la porta e, ignara che i cronisti fossero lì dietro ad aspettare, dice testualmente: «Io non posso stare due ore a parlare solo di queste cose». A salvare la senatrice bolzanina è la convocazione della conferenza dei capigruppo per discutere del decreto Incendi. Il centrodestra chiede di rinviare entrambe le discussioni al 3 novembre. La riunione diventa ancora più tesa, poi la spaccatura diventa ufficiale: il dl Incendi slitta, il ddl Zan passa alle 9.30 in aula e il rischio che oggi finisca nel vuoto diventa terribilmente concreto. Prova ne è il duro botta e risposta tra la dem Simona Malpezzi, la capogruppo del Misto, Loredana De Petris, e il presidente dei senatori della Lega, Massimiliano Romeo. Il tutto davanti agli occhi (e registratori) dei cronisti. Lo scambio di accuse è serrato: «Avevamo chiesto di ritirare la pistola fumante della tagliola», spiegano le esponenti del centrosinistra. Aggiungendo: «Le richieste sono state tutte rispedite al mittente perché, evidentemente, la volontà di mediare da parte loro non c’è mai stata. E lo dimostra quello che faranno anche domani con le due presentazioni di non passaggio agli articoli da parte di Lega e FdI, votate però convintamente anche da FI. A noi dispiace molto perché c’era una bella opportunità di lavorare insieme, ma non c’è stata voglia di trattare».

 

 

Pronta la replica del leghista: «Non ritiriamo nulla, la forzatura che avete fatto voi di portare il testo in aula ci ha dato la possibilità di usare gli strumenti a nostra disposizione». Il Partito democratico, assieme a Leu e M5S, chiederà di votare a scrutinio palese e non segreto, perché «tutti si assumano le proprie responsabilità. Domani si vedrà chi voleva affossare il provvedimento e chi voleva salvarlo». Ma anche sul punto Romeo controbatte: «Chi non ha voluto trattare anche oggi è il primo che lo vuole affossare». La battaglia è solo all’inizio e non si capisce quali ripercussioni avrà sul futuro della maggioranza. E della legislatura.

 

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