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Mario Draghi, il vertice Ue e i nodi che il governo deve ancora sciogliere

Angelo De Mattia
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Se si riflette su ciò che è avvenuto nel meeting brussellese dei Capi di Stato e di Governo concluso venerdì si ha la fotografia del livello al quale sta retroagendo l'Unione - e si spera che si tratta di una condizione transitoria - rispetto ai comportamenti e agli impegni «pro futuro» rispettivamente tenuti e proclamati nel corse delle fasi più acute della pandemia. La riunione si conclude con decisioni che potremmo definire «de damno vitando»: no alla costruzione di «muri» anti-immigrati, no alla riforma di Schengen, sì a iniziative nei riguardi di Paesi terzi che tendono a strumentalizzare il fenomeno delle migrazioni per fare pressione alle frontiere dell'Unione con l'intento di ottenere contropartite. Così la principale questione del summit, quella dell'energia, passa in secondo piano, per non parlare del caso Polonia su cui si è sviluppata solo una rapida discussione accademica. Se ne riparlerà, forse, come prospettano le cronache al Consiglio europeo di dicembre.

 

 

La condizione di quasi-inazione è dimostrata da alcuni resoconti in cui si esalta la richiesta che il Premier Draghi ha fatto, a proposito dei «muri» e delle frontiere esterne, perché si trovi un equilibrio tra responsabilità e solidarietà. Siamo ormai alla sufficienza delle richieste - abbiano o no un seguito che non rileverebbe, secondo i consueti «laudatores» del Premier - per dimostrare, secondo questi ultimi, il successo dell'iniziativa, senza la minima riflessione, da parte di costoro, sui problemi che il vertice ha evidenziato. Fino a che si tratta di far leva su concetti - appunto, responsabilità, solidarietà e altri - trovare un'intesa non è difficile, ciascun partner interpretando con una certa specificità questi due termini. È quando se ne traggono le concrete conseguenze che sorgono i problemi, innanzitutto per il consenso, ed è in questo versante che il confronto si deve sviluppare, non essendo un meeting della specie una sorta di accademia essoterica. Ed è qui che si incontrano, poi, le non comuni difficoltà.

 

 

Molto più chiara è stata, invece, Angela Merkel quando ha affrontato, nella giusta ottica, il caso-Polonia contestando nettamente la tesi della supremazia del diritto nazionale rispetto a quello europeo, ma, nel contempo, sostenendo l'esigenza di un chiarimento del perimetro e dei rapporti tra diritto interno e diritto europeo: una questione fondamentale che si può porre, per ora, solo in questi termini e che richiama immediatamente il principio di sussidiarietà verticale. In base ad esso ciò che può essere fatto a livello inferiore non va trasferito al livello superiore. Un principio, questo, voluto dai Padri fondatori della Comunità, come ricorda Antonio Fazio nel suo libro, in uscita per Treves, sull'inflazione in Germania e la crisi mondiale del 1929, con una parte che analizza la situazione dell'oggi, in particolare in Italia, formulando un vero e proprio programma di politica economica e di finanza pubblica. Nella conferenza in corso sul futuro dell'Unione, il tema riproposto dalla Merkel dovrebbe essere prioritario. Intanto, occorrerebbe una iniziativa da sostenere con determinazione per la ricerca delle necessarie convergenze in sede europea, ora in particolare che sta per formarsi un nuovo Governo in Germania. Il tema dell'energia, mentre si profila una nuova spinta dei prezzi, è cruciale per famiglie e imprese e non dovrebbe più subire accantonamenti o sottovalutazioni. Comunque si vede chiaramente in queste riunioni europee che non bastano di certo la credibilità e il prestigio per risolvere problemi complessi.

 

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