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Roma, Fratelli d'Italia ha già scaricato Enrico Michetti. Pressing per il posto da consigliere

Domenico Alcamo
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Da ipotetico Mr Wolf a uomo di troppo. In politica i destini cambiano con la rapidità di un tweet, ed ecco che l’effetto di questa implacabile regola tocca anche a Enrico Michetti, candidato sindaco del centrodestra a Roma uscito sconfitto di ampio margine alle elezioni. Ora, esaurita l’eruzione emotiva del day after, per chi ha vinto e chi ha perso, espletato il passaggio di consegne tra Virginia Raggi e Roberto Gualtieri, la nuova consiliatura al Campidoglio ha preso il via. Ed Enrico Michetti ha il suo seggio in Aula Giulio Cesare. Proprio questo, però, sembra essere il problema. Perché pare che da Fratelli d’Italia si affollino i convincimenti per far dimettere l’avvocato, per tutta la campagna elettorale presentato ai cittadini romani come il grande esperto della macchina amministrativa e figura che, a fronte di poca notorietà presso il grande pubblico, avrebbe espresso indubbie qualità di governo in caso di vittoria. Ora, però, tutto questo sembra passare in secondo piano.

 

 

Forse è meglio, starebbero ragionando, sostituire il civico, poco avvezzo alla muscolarità politica, con una figura più abituata alla tenzone tra partiti come Federico Rocca, che subentrerebbe in caso di dimissioni dell’avvocato amministrativista. E pare gli argomenti utilizzati per far spogliare Michetti del proprio ruolo di consigliere comunale d’opposizione siano tutti incentrati sulla sua attività di consulente legale degli enti locali, sollevando l’attenzione sia sul rischio di incompatibilità con il ruolo di eletto al Campidoglio, sia con un criterio di opportunità. Come più volte affermato da lui stesso, infatti, Michetti ha ottenuto incarichi amministrativi anche da sindaci di centrosinistra. Chi, tra questi ultimi, gli affiderebbe più una prestazione professionale stante la sua attività politica proprio in opposizione alla coalizione progressista e al sindaco PD? Questi sono i pensieri che dal partito di Giorgia Meloni, principale sponsor dell’avvocato durante la campagna elettorale, starebbero recapitando a Michetti e occorrerà vedere se e quando verranno raccolti dal diretto interessato.

 

 

Situazione molto simile starebbe vivendo Luca Bernardo a Milano, il quale però ha già fatto sapere di voler continuare a dire la sua in consiglio Comunale. I casi in questione testimoniano la portata effimera di questa breve, e rovinosa, stagione elettorale dei «civici» per il centrodestra da schierare nelle grandi città. Una partita su cui, a quanto è trapelato, è stata fatta una rapida analisi del voto, tutta incentrata sulle tempistiche nella scelta dei candidati. Per arrivare a schierare i potenziali primi cittadini, infatti, la coalizione formata da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia ha impiegato mesi di vertici e riunioni andate a vuoto, ha sprecato torme di nomi, alcuni dei quali anche molto qualificati e molto più competitivi come Guido Bertolaso su Roma e Gabriele Albertini a Milano ponendoli nel ventilatore dei retroscena giornalistici e sulla graticola di una snervante attesa. Per poi rimediare una sconfitta pesante alla prova dei fatti. Per ora, il vertice tra i leader a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi, ha prodotto solo la presa d’atto che per le prossime occasioni le scelte vanno adottate prima e meglio. E quelli che sono stati i protagonisti di una campagna elettorale durissima, sono già pronti per il dimenticatoio. Possibilmente fuori dal campo istituzionale. Società civile andata e ritorno, insomma. Perché la politica, oltre ai ritmi veloci, ha anche un cuore duro.

 

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