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Otto e Mezzo, "lessico autoritario”. Altri missili di Marco Travaglio contro Mario Draghi e il "parlamento sotto ricatto"
Mario Draghi sotto accusa. A puntare il dito contro il presidente del Consiglio è Marco Travaglio, ospite di “Otto e Mezzo”, venerdì 22 ottobre. Il direttore de “Il Fatto Quotidiano” interviene nel talk show dell’access prime time di La 7, sotto la conduzione di Lilli Gruber, giudicando duramente il metodo di comunicazione adottato dall’ex presidente della Bce. Il “pugno duro” di Draghi nei confronti dei giochi dei partiti sembra preoccupare il giornalista per la deriva di uno Stato autoritario.
"A me quello che preoccupa sono le espressioni: 'tirare dritto', 'rigare dritto'...sono lessico autoritario – esordisce Travaglio-. Era Mussolini che diceva ‘tireremo dritto’. Il compiacimento con cui la grande stampa draghiana elogia questo modello è preoccupante. I partiti sono lì per rappresentare i propri elettori, sento una brutta aria che crea dei pericolosi precedenti. Draghi che si presenta il Consiglio dei ministri con il più importante atto di governo: il documento di programmazione di bilancio, non lo distribuisce ai ministri e pretende che lo approvino tutti”. Poi riconduce il suo discorso all’astensionismo verificato nelle ultime elezioni amministrative: “Se noi superiamo la politica, e trasformiamo la politica in una cosa deteriore che disturba Draghi nel suo disegno, abbiamo perso i fondamentali. Poi non ci lamentiamo se la gente non va a votare". “Io continuo a pensare che sia una vergogna sia che lo faccia Draghi sia che lo faccia Matteo Salvini sia che lo faccia chiunque altro verrà dopo di lui”, prosegue.
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Infine, conclude la sua invettiva definendo il parlamento attuale “sotto ricatto”: “I partiti sanno che se cade Draghi si va a votare e perdono un anno e mezzo di stipendio, perdono la pensione. Questo governo è tenuto in piedi dalla più ampia maggioranza mai vista dai tempi del fascismo semplicemente perché è stato ricattato il Parlamento italiano col famoso discorso del presidente della Repubblica”. Il voto sarebbe un’ipotesi remota per molti dei partiti in maggioranza perché “nessuno vuole perdere la poltrona la prossima volta ci saranno 1/3 di parlamentari in meno. Molti partiti ne avranno meno di adesso, forse solo la Giorgia Meloni ne avrà di più, votano questa roba qua ma non c'entra niente con il fatto che ci sia un grande afflato riformatore è un parlamento sotto ricatto”.