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Forza Nuova, lo scioglimento è una sceneggiata. Il Pd poteva già chiuderla ma non l'ha mai fatto

Franco Bechis
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Il film sembra quasi identico alla sceneggiata vissuta in questo ultimo mese. Data: 27 dicembre 2000. L'Italia è attraversata da una serie di episodi di violenza e anche qualche attentato, come la bomba piazzata alla redazione del Manifesto a Roma. Episodi di matrice neofascista ben più gravi e violenti di quell'assalto alla sede della Cgil del 2021.

Tutti puntano il dito contro Forza Nuova, il movimento riportato in Italia dopo una lunga latitanza da Roberto Fiore e Massimo Morsello, che morirà poco dopo. Non è molto che sono state aperte decine di sedi lungo la penisola. E la matrice è chiara, visto che lo stesso Morsello la rivendicava all'epoca: “Forza Nuova si ricollega direttamente al ventennio fascista, quando sono state fatte cose importanti come creare la giustizia e la previdenza sociale”.

L'identità non era affatto nascosta, e quelle sedi furono tutte aperte con questo imprinting che ne avrebbe consentito l'immediata chiusura, con il primo ex comunista arrivato a palazzo Chigi: Massimo D'Alema. Ma nessuno con lui alla guida chiuse le sedi di Forza Nuova e pensò di sciogliere il movimento che era appena nato. Certo, con l'attentato al Manifesto e l'aggressione al giornalista Guido Ruotolo in quei giorni delle feste di Natale 2000 e con un altro governo di sinistra in carica, questa volta guidato da Giuliano Amato, il pressing sullo scioglimento di Forza Nuova prese grande forza. Il primo a pretenderlo fu Franco Giordano, allora capogruppo alla Camera di Rifondazione comunista. E ovviamente tornarono di attualità la legge Scelba e quella Mancino, che avrebbero potuto consentire quello scioglimento.

Il ministro dell'Interno, Enzo Bianchi, fece sapere che “il Viminale sta verificando la compatibilità di Forza Nuova con le lkeggi vigenti. Esponenti del movimento si sono infatti resi protagonisti di episodi non più isolati, ma che si ripetono con preoccupante sistematicità”. Il 28 dicembre il pressing raggiunse il capo del governo, Giuliano Amato, che confermò gli accertamenti in corso, avvisando però che per sciogliere Forza Nuova erano necessarie alcune condizioni: “solo se c'è una sentenza passata in giudicato o se il ministro dell'Interno è in condizione di offrire a un giudice elementi che mostrino come una data organizzazione svolga attività violenta e razzista”.

Erano a un passo. Ma nel giro di pochi giorni decisero di non intraprendere quella strada. Un capogruppo di maggioranza, il socialista Giovanni Crema, sostenne che lo scioglimento di Forza Nuova non sarebbe giovato a nessuno “se non alla stessa Forza Nuova. La sua messa al bando infatti non ne impedirebbe l'esistenza clandestina”. Il presidente della commissione stragi, il Ds Giovanni Pellegrino, seppellì la questione in questo modo: “Sono contrario a sciogliere una organizzazione per reati di opinione. Vanno repressi i comportamenti, non le opinioni. E in ogni caso sciogliere una formazione non aiuta ad eliminare il fenomeno. Anzi, significa spingerlo verso forme nuove e clandestine”.

Passarono così mesi senza che nulla accadesse nella verifica di Bianco e Amato. E Forza Nuova ne fece altre delle sue, con scontri e violenze di piazza. Tanto è che Francesco Cossiga nell'aprile 2001 accusò apertamente sia il premier che il ministro dell'Interno: “Perché non sciogliete Forza Nuova sulla base del divieto costituzionale della ricostituzione del partito fascista e in base alle leggi ordinarie?”.

Per un decennio e più si provò per via giudiziaria, ma nessuna delle procure riuscì a mettere insieme gli elementi necessari per arrivare allo scioglimento del movimento che nel frattempo si era fatto partito ed era ammesso in qualsiasi competizione elettorale, nazionale e locale. Avvisi di garanzia, anche rinvii a giudizio di singoli esponenti, ma la prova regina che avrebbe consentito di decretare lo scioglimento di Forza Nuova non fu trovata. Anche il nuovo ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, ci provò e tuonò più volte. Ma non fece nulla. Avanti così, fino all'inizio autunno del 2017. Quando arrivò la provocazione annunciata da Fioere & c: la rievocazione in corteo della marcia su Roma. Ne nacque un ovvio putiferio, che il Pd e le forze alla sua sinistra rovesciarono su un altro ministro dell'Interno di sinistra: Marco Minniti. A cui fu chiesto ovviamente di vietare la marcia, ma anche di procedere allo scioglimento di Forza Nuova. La prima richiesta fu subito esaudita a furore di popolo, ma la seconda no. Gridarono allo scioglimento un po' tutti, anche dall'interno del Pd e con in prima fila Laura Boldrini e Vasco Errani. Minniti accettò di rispondere alla Camera a quel presing.

Snocciolando i 340 militanti di Forza Nuova denunciati ed arrestati fra il 2011 e il 2016, e promettendo: “intendiamo avvalerci di tutte le disposizioni di legge già usate in passato che possono portare alla sospensione e allo scioglimento delle formazioni che abbiano violato le norme e che vietano la creazione del disciolto partito fascista”.

Procedure avviate, ancora una volta. E restate lettera morta. Con la doccia fredda che in questa legislatura è arrivata a inizio 2018 dal non più presidente del Senato, ma comunque leader di Leu, Piero Grasso. Che di fronte alla solita polemica sullo scioglimento di Forza Nuova e in quel caso anche di Casapound, spense i bollori dei suoi spiegando da ex magistrato: “Sono formazioni che inneggiano al fascismo e che comunque non lo rinnegano. Una cosa però è la valutazione politica, un'altra quella giuridica che può portare allo scioglimento. Dal punto di vista politico chi usa la violenza o l'odio razziale è fuori dalla nostra Costituzione. Ma lo scioglimento deve venire da un atto della magistratura, e per farlo non basta che dicano 'siamo fascisti', ma devono essere valutate tutte le loro azioni e le loro attività. Al momento sono partiti politici che partecipano alle elezioni...”.

Dunque alla sceneggiata di ordini del giorno e mozioni e a polemiche usate come randelli in campagna elettorale su Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono giunti proprio quelli che negli ultimi 20 anni con i loro governi e i loro ministri dell'Interno hanno avuto almeno due volte la possibilità di fare quello che oggi chiedono a Mario Draghi. Ma non  hanno avuto quel coraggio: su Forza Nuova hanno preso in giro tutti e continuano allegramente a farlo...
 

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