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Il casting di Silvio Berlusconi: ecco chi sarà il federatore del centrodestra

Il leader di Forza Italia ha individuato tre profili per frenare le ambizioni di Salvini e Meloni

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Silvio Berlusconi è tornato al centro della scena. E dopo aver mietuto consensi a Bruxelles al vertice dei Popolari europei, dove ha incontrato anche la rivale-amica Angela Merkel, il Cavaliere si è concentrato sulle questioni interne. E in particolare sul futuro del centrodestra italiano.

Stando a quanto rivela un retroscena del Corriere della Sera, infatti, il leader di Forza Italia, sempre più persuaso che né Matteo Salvini né Giorgia Meloni abbiano la capacità e la maturità politica per guidare la coalizione, si è messo seriamente alla caccia per individuare il "Papa straniero". La figura, cioè, di un federatore estraneo ai partiti in grado di recitare il ruolo che fu alla fine degli anni duemila di Romano Prodi a sinistra.

La notizia è che la ricerca del Cavaliere sarebbe già in una fase avanzata e, sebbene di nomi certi ancora non ce ne siano, il leader di Forza Italia avrebbe individuato tre identikit a cui affidare la guida della coalizione. Il primo sarebbe "un grandissimo imprenditore del Nord-Est ben visto anche dal centrosinistra". Il secondo "un rappresentante delle istituzioni ma non in ambito politico". Il terzo "un grande manager da sempre a lui vicino".

Le incognite di una strategia del genere sono diverse. Innanzitutto bisognerà far digerire la cosa agli alleati, assai recalcitranti all'idea di cedere a un esterno la guida del centrodestra. In secondo luogo, l'eventuale federatore non dovrà essere fagocitato dallo stesso Berlusconi. Sono in tanti, infatti, a far notare come tutti gli ipotetici successori indicati dal Cavaliere siano stati poi messi da parte sempre dal leader di Forza Italia. Non solo quelli politici - da Gianfranco Fini ad Angelino Alfano - ma anche e soprattutto le figure civiche. L'elenco è sterminato. Valgano per tutti due in particolare: l'ex giornalista Giovanni Toti, in passato "eletto" al ruolo di consigliere politico e poi liquidato, e il manager Stefano Parisi, a sua volta cooptato per riformare il partito e successivamente messo cordialmente alla porta.

Fatto sta che, almeno in quest'ultimo caso, Berlusconi non sembra avere più velleità di rivendicare per sé la guida della coalizione dato che nei suoi piani c'è semmai la scalata al Quirinale. Un'ipotesi che, dopo l'assoluzione a Siena in uno dei processi del Ruby Ter, è diventata meno improbabile. "A sinistra sono finiti i sorrisini con i quali venivano commentati i suoi sforzi e si è già passati ai brividi" scrive ancora il Corriere della sera. Uno scenario alquanto eloquente.

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