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Patto di stabilità e nuove regole dell'Unione Europea. È ora di decidere

Angelo De Mattia
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La Commissione europea ha lanciato la consultazione su Patto di stabilità e crescita e, in particolare, sulla sua adeguatezza alla situazione dell’oggi. Probabilmente, se ne trarranno le conseguenze, per le proposte da prospettare, alla fine del primo trimestre del prossimo anno. Già, però, le prime dichiarazioni di Commissari, ivi incluso Paolo Gentiloni, sembrano delineare un percorso che, innanzitutto, escluderebbe tassativamente un intervento di modifica dei Trattati e arriva, nel caso del Vice presidente Valdis Dombrovskis, a ipotizzare in materia, fra le alternative, non una scelta legislativa, bensì, al netto ribasso, una Comunicazione interpretativa della stessa Commissione. In definitiva, in questo modo, come si rileva da un'intervista del Vice Presidente al Corsera, il Patto, che a suo avviso ha funzionato bene e ha dimostrato flessibilità, ora deve essere coerente con una credibile e graduale riduzione del debito, con la semplificazione delle regole, e con l'esigenza di una spinta agli investimenti.

 

 

Anche in altre posizioni si giunge ad avanzare dubbi pure sull'istituzione di una circoscritta «golden rule» che riguardi l'esclusione dal vincolo del pareggio di bilancio dei soli investimenti ecologici e digitali. Insomma, per ora siamo in presenza di indicazioni, di riforme, in alcuni casi molto caute, in altre sicuramente minimali. Siamo, però, solo all'avvio della consultazione. Tuttavia sembra assurdo che il non cambiamento, secondo le prime valutazioni, debba riguardare non solo il Trattato, ma anche gli Accordi intergovernativi «Two pack», «Six Pack» e «Fiscal compact» - la cui coerenza con i Trattati è tutta ancora da verificare - che hanno disciplinato, all'insegna della più miope austerity, il rientro del debito. Qualche altra ipotesi per ora in campo mirerebbe a compensare una permanente rigidità sul debito con misure europee per la crescita, che è una delle terapie del debito. Ma sarebbe difficile spiegare il rigorismo sul debito e l'apertura sulla crescita. Altri ipotizzano il superamento dell'attuale architettura normativa per il deficit e il debito per sostituirla con un'altra imperniata sulla spesa.

 

 

Sulle iniziali posizioni di Bruxelles certamente influisce la posizione assunta da molti dei cosiddetti Paesi frugali che sono contrari alla rimessa in discussione del Patto in questione. Anche in Germania, il Governo «semaforo» (Socialdemocratici, Verdi e Liberali), che starebbe per costituirsi, ritiene che il Patto vada confermato così come era vigente prima della sospensione che terminerà con la fine del prossimo anno. Eppure, un'operazione che tenga conto dell'irrazionalità delle vigenti regole, del loro anacronismo e dei danni che hanno arrecato, come obiettivo minimo dovrebbe mirare, se proprio prevale una netta maggioranza contraria alla riforma del Patto in questione, all'introduzione della «golden rule» per tutti gli investimenti pubblici e alla revisione del «Fiscal compact». A questo punto, che farà il Governo italiano? Finora abbiamo ascoltato critiche al Patto, anche da parte del Premier Draghi, e la implicita o esplicita esigenza di una riforma. Se il quadro che ora si delinea non è coerente con tale modifica, quali scelte compirà il Governo, anche in termini di ricerca di possibili convergenze con partner europei? Poiché cominciano a pronunciarsi alti esponenti della Commissione quali quelli sopra citati, non sarebbe doveroso che pure il Governo italiano, con suoi esponenti, iniziasse a far conoscere, in linea generale, il proprio orientamento?

 

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