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O reddito di cittadinanza o morte. La crociata senza fine di Beppe Grillo

Riccardo Mazzoni
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Dopo un lungo e pensoso silenzio, all’indomani della sostanziale scomparsa elettorale del suo Movimento, Beppe Grillo si è rifatto vivo tornando a rivendicare il Reddito di cittadinanza come «una delle riforme sociali più importanti della storia della Repubblica». Tempi e modalità di questo pronunciamento non sono da considerare casuali: siamo infatti alla stretta decisiva per definire i dettagli della Legge di bilancio, e il rilancio dell’ultima bandiera grillina rimasta sul pennone suona come un altolà mirato a quella parte della maggioranza che vorrebbe definitivamente ammainarla, ma anche un larvato avvertimento al premier, che in realtà ha sempre detto di condividere i principi ispiratori della misura, ma ora insieme al ministro Franco sta preparando forti correttivi e controlli molto più rigorosi. È di ieri la notizia che la Guardia di Finanza di Bari ha denunciato più di cento persone, fra cui alcuni mafiosi, che percependo illecitamente il reddito di cittadinanza hanno truffato allo Stato oltre 900mila euro, ed è solo l’ultima in ordine di tempo di uno stillicidio quotidiano di abusi. Per cui intervenire è doveroso e urgente, ma il post apparso ieri sul blog di Grillo sembra un avvertimento a non forzare troppo la mano. Nessuna alzata di toni, ma la rivendicazione puntigliosa, quasi ragionieristica (non a caso il post è firmato Giuseppe rag. Grillo), dati alla mano, della funzione salvifica del reddito come ancora di salvezza «contro la povertà e lo sfruttamento». Non siamo insomma all’abolizione della povertà propagandata da Di Maio sul balcone di Palazzo Chigi, ma quasi.

 

 

Eppure sono proprio questi dati, aggiornati ad agosto e ripresi dall’Inps del sodale Tridico, a imporre una riflessione: ci sono 1,36 milioni i nuclei beneficiari, per oltre 3 milioni di persone, con un importo medio di 546 euro. Se si pensa che quando fu varata la misura i beneficiari erano poco più di mezzo milione, significa che, complice la pandemia, la platea è progressivamente aumentata, come del resto l’assegno medio, arrivato a 516 euro, il dieci per cento in più dell’importo iniziale. «Per chi avesse ancora voglia di svilire una delle idee più rivoluzionarie di questo Paese – avverte l’Elevato - ricordo che ogni critica al reddito di cittadinanza non è un attacco al M5s, ma un’offesa a oltre 3 milioni di persone che fino a ieri non riuscivano a mettere insieme il pranzo con la cena, e che finalmente non si sentono più invisibili». La strada però sembra tracciata: il sussidio verrà rifinanziato, ma non si andrà oltre la spesa del 2021 e, dunque, di fatto ci sarà un taglio tra un miliardo e un miliardo e mezzo rispetto all’andamento tendenziale degli esborsi.

 

 

Nessuno nega che serva un sostegno alla povertà dopo una crisi che ha portato dieci milioni di italiani nella fascia prossima all’indigenza, ma il reddito di cittadinanza, per come è stato concepito, ha causato troppe dispersioni e disparità. Oltre a disincentivare la ricerca del lavoro e ad alimentare solo quello nero, il paradosso è che ne sono stati i single i principali beneficiari con il 44% dei percettori totali, mentre le famiglie numerose sono appena il 7,7%. Bisogna assolutamente intervenire dunque sulla scala di equivalenza per aiutare i veri poveri, per riequilibrare gli squilibri che penalizzano i poveri del nord, per contrastare gli abusi con più incisività e per mettere finalmente in moto il collegamento con le politiche attive, escludendo chi rifiuta un lavoro. Sullo sfondo resta però la domanda cruciale: rifinanziare il reddito di cittadinanza è in linea con la logica del «debito buono» coniata a suo tempo da Draghi, o è un cedimento all’assistenzialismo di Stato che, una volta superata la fase acuta della crisi, non aiuta certo il Paese a ripartire? Dirottare una quota del reddito ai tagli fiscali sul lavoro sarebbe sicuramente stato più opportuno, ma i Cinque Stelle sono ancora la maggioranza relativa in Parlamento. Una zavorra politica di cui gli italiani si sono pentiti, ma che consente a Grillo di lanciare ancora i suoi penultimatum.

 

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