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La sfida di Mario Draghi è riuscire a cambiare le regole europee e combattere lo strapotere della Germania

Angelo De Mattia
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«Per aspera ad aspera», non «ad astra», così si potrebbe dire per l'azione del Governo Draghi. Non si può considerare ancora come chiusa la questione «green pass» e già si profilano nuovi scogli: il reddito di cittadinanza, «quota 100» per le pensioni, la riforma della normativa della concorrenza, nonché la stessa legge di bilancio. Già qualche «giornalone» è costretto a dire che il Premier dovrà cambiare impostazione metodologica, rispetto a quella adottata quando era presidente della Bce, nella ricerca del consenso della coalizione di maggioranza, considerate le divisioni, alcune già evidenziate, altre assai probabili, su tali temi, esistenti all'interno di quest’ultima. Ma a ciò si aggiunge anche quel che può venire dall'estero, innanzitutto dai partner europei. Nell'accordo programmatico che si profila in Germania per la formazione del Governo dopo le recenti elezioni tra Socialdemocratici, Verdi e Liberali il punto che concerne il debito parla anche a noi. Ovviamente non si può prevedere se la bozza di programma resterà fino alla definitiva adesione delle parti nella stesura attuale. Ma se ciò avvenisse, allora bisogna prendere nota che si convergerebbe nell'intangibilità dell'europeo Patto di stabilità e nel ripristino in Germania della norma che viene definita come «freno al debito», derogata per gli effetti della pandemia. Si tratterebbe del ritorno in forze del fondamentale principio per i tedeschi dello «schwarze null», del rigoroso pareggio di bilancio. I socialdemocratici, che pure sembravano negli ultimi tempi in qualche modo disponibili a specifiche modifiche del Patto di stabilità, ora, per costituire il Governo, che sarebbe, dato il responso del voto, a guida del socialdemocratico Olaf Scholz, accetterebbero la non modificabilità del Patto e la reintroduzione della regola derogata che sono il cavallo di battaglia dei Liberali.

 

 

Martedì, 19 ottobre, la Commissione Ue dovrebbe avviare l'apertura della discussione sul Patto in questione che, come è noto, è sospeso anche per tutto il prossimo anno e dovrebbe ritornare in vigore a partire dal 2023. Il fatto è che in Italia, ma non solo, è diffusa l'opinione che il Patto non possa essere ripristinato nella formulazione ora sospesa. Lo stesso Premier Draghi, pur senza entrare nel merito delle alternative, diverse volte ha accennato alla necessità di una riforma, aggiungendo comunque che è probabile che dell'argomento si dovrà a lungo discutere nell'Unione per una buona parte del 2022. Se si considerasse insormontabile la preclusione della Germania, allora bisognerebbe ripiegare, per una revisione, sugli accordi intergovernativi che hanno dato attuazione al Patto integrandolo. Ma prima di abbandonare il principale obiettivo consistente nella riforma di una normativa che, nata in una fase distante dall'oggi , si può dire, anni-luce, ora non ha più alcun senso, bisognerà pensarci mille volte. Interventi di revisione esigerebbe pure la disciplina europea degli aiuti di Stato.

 

 

Intanto, qual è la posizione del Governo italiano? Quali modifiche ritiene di progettare per ricercare su di esse le necessarie alleanze, a maggior ragione adesso, dopo quel che si profila da parte della Germania? Dopo aver sostenuto che tuttora lo Stato deve «dare» e «non richiedere», ha delineato comunque, il Governo, una strategia per quando i nodi verranno al pettine?

 

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