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Roberto Gualtieri fece Che Guevara: i segreti dell'ex ministro candidato a sindaco di Roma

Fosca Bincher
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A vederlo oggi con quel sorriso pacioso, l'eloquio cantilena davanti a cui l'uditore fatica a tenere gli occhi aperti, ben pochi lo immaginerebbero. Ma Roberto Gualtieri ha avuto anche un suo momento Che Guevara nella vita. Nato e cresciuto comunista, regolarmente iscritto al PCI fin da metà degli anni Ottanta, l'attuale candidato sindaco di Roma ebbe la sua sbandata movimentista. Sì, proprio l'uomo che sarebbe stato un giorno coccolato dai grandi della Finanza, che avrebbe parlato da pari a pari con Angela Merkel e i presidenti francesi che si sono succeduti grazie alla poltronissima alla guida della commissione Bilancio del parlamento europeo, divenne nel 1990 il leader della pantera all'interno di filosofia alla Sapienza.

In prima fila ad occupare la facoltà, a gridare contro il governo di Giulio Andreotti e soprattutto contro il ministro dell'Università, il mite Antonio Ruberti che provava l'ennesima riforma. A gridare contro i poteri forti, a contestare l'informazione, a mettere nel mirino anche se non era ancora sceso in politica, Silvio Berlusconi, che secondo Gualtieri e amici era dittatore ancora senza ipotetica dittatura. Un giovane Michele Santoro dedicò in diretta una puntata intera della sua trasmissione nella mitica Rai Tre rossa, e misero in croce il povero Mario Cervi in collegamento con un'aula densa di studenti occupanti. C'era Gualtieri, c'erano anche tanti altri volti che sarebbero divenuti noti.

A prendersela con le tv di Berlusconi fu - grazie al microfono offertogli da Santoro - perfino quell'Enrico Lucci che anni dopo lì avrebbe lavorato con soddisfazione entrando nella squadra delle Iene. Un rivoluzionario, il nostro Gualtieri. Ma anche in quei tempi con uno spiccato senso degli affari. Eccolo il 17 maggio del 1989 acquistare per 30 milioni di lire l'agognata prima casa, un monolocale in via Foggia con annesso giardinetto. E due anni dopo avendo preso residenza in affitto in via Latina,  rivenderlo grazie al rogito del notaio Michele Di Ciommo (il notaio prima della Banda della Magliana e poi di Giuseppe Ciarrapico, finito in molte inchieste giudiziarie), per 35 milioni di lire, con una plusvalenza di 5 milioni netti.

Anni in cui il nostro Gualtieri ha messo su famiglia insieme all'adorata Valentina di cui si era innamorato a scuola al liceo Visconti, con una di quelle conquiste che fanno punti paradiso: lei era di tre anni più grande. E man mano la sbandata “Che Guevara” ha lasciato il posto al politico che si costruiva la carriera. Roberto era diventato uno dei “ragazzi di assalto di Botteghe Oscure”, come lo definì Concita De Gregorio in un suo articolo su Repubblica del 1997, spiegando che era il “curatore” dei libri di Massimo D'Alema e spesso suo ghostwriter.

Era ancora inquieto Gualtieri, e infatti confidava a Concita: “Siamo consulenti della politica. Il problema è trovarci un posto: un luogo dove fondere competenze, governo, partito. Dare un senso al reclutamento, per ora caotico”. E un posto trovò in fretta, seguendo l'ombra prima del lìder Maximo poi del vero regista delle carriere politiche nella sinistra romana: Goffredo Bettini. Cresciuto approdò per tre legislature all'Europarlamento e infine nel governo bis di Giuseppe Conte dove l'antico giovane Che Guevara sarebbe diventato ministro dell'Economia.

Messa al sicuro la carriera, il nostro Gualtieri riuscì anche a cementare ulteriormente la vita privata. Nel modo più naturale possibile per gli italiani: con una casa di nuovo di proprietà. A Monteverde, dove vive oggi con la sua adorata signora e il figlio Victor. Ma anche qui con un tocco di diversità: non due cuori e una capanna, ma un cuore solo ormai unito da tanti anni e due capanne. Già perché i coniugi Gualtieri hanno acquistato ognuno per conto suo un appartamento in quella palazzina.

Lui al piano terra, e se l'è fatto finanziare da un mutuo dell'Inpdap (oggi confluito nell'Inps). Lei il primo piano, e anche qui c'è voluto un mutuo di 25 anni ancora in corso di pagamento. L'ha concesso quel Monte dei Paschi il cui destino sarebbe finito in mano al marito- ministro qualche anno dopo. Ma la pratica è intestata a una società anonima, Banca Mps Belgio, che probabilmente non sa di avere concesso il credito alla signora del fu Che Guevara de noantri...
 

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