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"Guai se fermavamo Castellino", Meloni manda in tilt la Lamorgese

Francesco Storace
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Quanto può durare nelle sue funzioni un ministro come Luciana Lamorgese? Ancor prima dell’informativa che renderà la prossima settimana al Parlamento sui fatti di sabato scorso a piazza del Popolo, già sappiamo della totale inadeguatezza della titolare del Viminale.

A fare chiarezza – per chi avesse ancora dubbi e prima di ogni possibile scaricabarile – ci ha pensato il duello alla Camera tra Giorgia Meloni e la stessa Lamorgese.

Occasione un question time proposto da Fratelli d’Italia e che ha spiegato che l’assalto alla Cgil e le sprangate a un pugno di poliziotti di guardia sono responsabilità esclusiva di un ministro che sapeva e non faceva.
L’azione al sindacato è stata annunciata nella piazza da Giuliano Castellino. Chi ha ascoltato quelle parole, ha avvisato il ministero. L’ordine è stato quello di lasciar fare, perché sarebbe stata pericolosa ogni azione repressiva in un luogo dove gli animi erano eccitati.

Cioè, le forze dell’ordine chiamate ad un’azione di contenimento, non erano in grado – secondo il ministro – di acciuffare chi stava per organizzare l’assalto. Di più. Siamo talmente sicuri che nel nostro paese, di fronte ad un obiettivo sensibile come la Cgil, con tanto di rivendicazione preventiva dell’assalto, si mandano a far da guardia una pattuglia di sei-sette uomini presi a bastonate di santa ragione.

Per il ministro dell’Interno della Repubblica italiana, per non fare danni in una piazza, non si fermano i dimostranti, ma li si mandano a fare danni altrove. Ha avuto gioco facile la Meloni a mettere in fila gli elementi che illustrano l’inquietante catena di errori del Viminale. In primo luogo tutti si chiedono come sia stato possibile che in piazza ci fossero, indisturbati, persone definite pericolose per l’ordine pubblico. Secondariamente, la reclamizzazione dell’annuncio anti Cgil non ha sortito particolari effetti.

Di fronte a tutto questo, c’è stata solo l’inerzia. Dice la ministra: «Un intervento coercitivo, eseguito in un contesto di particolare eccitazione e affollamento, presentava l’evidente rischio di provocare reazioni violente da parte dell'interessato e dei suoi numerosi sodali, con la conseguente degenerazione della situazione dell'ordine pubblico». In pratica, per la Lamorgese in piazza hanno mandato agenti incapaci di affrontare situazioni di tensione. Nulla di nulla, sull’invasione della sede sindacale, sul perché non c’era adeguata vigilanza.

Il paradosso finale è che questa storia di inerzia della rappresentante del governo per la sicurezza è stata tirata addosso principalmente a Fratelli d’Italia, accusata di contiguità inesistenti dalla sinistra italiana. E invece, nell’aula della Camera, si è appreso che chi non ha mosso un dito per evitare l’azione condotta ai danni della Cgil si trova al Viminale. Che ora, ovviamente, scaricherà su prefetto e questore ogni responsabilità. Come se la ministra non fosse stata informata, minuto per minuto, di quello che succedeva. L’indignazione manifestata dalla Meloni alla risposta del ministro è stata più che giustificata. Perché sembra davvero di essere tornati indietro a quegli anni che sono rimasti impressi nella memoria collettiva come quelli della strategia della tensione. Probabilmente chi difende a spada tratta la Lamorgese – come Mario Draghi – dovrebbe spiegare se per piazza del Popolo la ministra dell’interno ha deciso da sola o su disposizione...Sciolgano chi vogliono e chi merita, ma non dimentichino di slegare la Lamorgese per farla tornare a casa.
 

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