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La partita del Quirinale e il rispetto (mancato) verso Sergio Mattarella

Angelo De Mattia
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In si fermano più, come sarebbe stato doveroso, le elucubrazioni sul futuro Presidente della Repubblica, le relative ipotesi essendo diventate parte integrante ormai del dibattito politico. Ora fa la sua comparsa anche l'eventualità che, per la mancanza di successo del o dei candidati nelle votazioni in Parlamento o prima ancora per le difficoltà di formare una candidatura aggregante, si debba andare dall'attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per pregarlo in tutti i modi di rimanere al Colle, abbandonando per ora l'appartamento che ha scelto, come informano le cronache, in previsione della conclusione del settennato.

 

Continua, dunque, una sia pure involontaria (almeno così bisogna ritenere) mancanza di rispetto nei confronti di Mattarella che non una sola volta soltanto ha dichiarato o lasciato intendere chiaramente che, con la conclusione del mandato, considera terminata la sua alta funzione nel governo della più alta Magistratura dello Stato. La citazione della proposta di Antonio Segni di abolire il semestre bianco ma di prevedere la non ricandidabilità ed eleggibilità del Capo dello Stato è uno dei modi più netti per sostenere la propria posizione da parte di Mattarella, alla quale concorrono motivi non solo personali, ma, si potrebbe sostenere, soprattutto costituzionali riguardanti l'alterazione che si compirebbe ripetendo di fatto un prolungamento del mandato.

 

Il modo eccezionale per equilibrio, competenza, rigore, lungimiranza con cui ha svolto l'incarico supremo richiederebbe oggi un ben altro atteggiamento, anziché il coinvolgimento della sua persona nel futuro del Quirinale. A maggior ragione se questo coinvolgimento è sostenuto da alcuni per «tenere il posto» per qualche altro che, a un certo punto, dovrebbe subentrare (fra questi, il nome citato più frequentemente è quello di Mario Draghi che, comunque, ha stigmatizzato più volte la mancanza di rispetto, da parte di chi si esercita in tali ipotesi, nei riguardi del Capo dello Stato). Ora, però, come accennato, siamo all'ipotesi Cincinnato: il Presidente si trasferisce nel suo appartamento, a conclusione del mandato, ma colà si recherebbero esponenti politici per pregarlo del reincarico. Tito Livio definisce Cincinnato, più volte chiamato a guidare lo Stato dopo il suo ritiro, «Spes unica imperii populi romani». Ma, appunto, era «Spes unica», non a caso rivestendo i panni del «Dictator».

 

Mattarella, alla fin fine, sorriderà di queste spinte a coinvolgerlo, anche se prevarrà, poi, la preoccupazione per ciò che significano e anche per la posizione di una classe politica dirigente che sarebbe incapace, se si attesterà sulla posizione descritta, di imboccare una strada naturale, rigorosamente ossequiosa della Costituzione che non esclude il nuovo mandato il quale, però, nella «bilancia» dei poteri appare, semmai, proprio di uno «stato di eccezione», nella forma più straordinaria (della quale non fa parte l'eventuale incapacità delle forze politiche). Allora, si rifletta di più sul «che fare» e sulle impegnative scadenze del governo dell'economia, dando attuazione al Piano di ripresa e resilienza. Draghi ha detto che l'azione del Governo non può tener conto del calendario elettorale, riferendosi alle amministrative parziali delle quali domenica prossima si svolgerà il secondo turno. È sperabile che il dibattito politico e sui «media» non sia tutto influenzato sin d'ora dal calendario delle scelte per il Colle, mentre Mattarella con la stessa determinazione di sempre, anzi con ancor più vigore, svolge la propria opera.
 

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