"Perso il senso del pudore". Maria Falcone brutale contro Ilda Boccassini
La reazione alle rivelazioni della "rossa" sulla relazione con il giudice ucciso dalla mafia
"Si è smarrito ogni senso del pudore e di rispetto per i sentimenti". Sono parole durissime quelle che usa Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni ucciso dalla mafia, per commentare i contenuti del libro di Ilda Boccassini nel quale si racconta di una relazione proprio tra la boccassini e l'eroe della lotta alla mafia.
Maria Falcone in realtà risponde con una lettera alla "Sicilia" per replicare a un commento satirico sulla vicenda scritto da Ottavio Cappellani. Ma le sue parole sono chiaramente indirizzate alla Boccassini.
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"Finora ho preferito evitare commenti su una vicenda che mi ha molto amareggiata - è l'incipit della missiva al quotidiano isolano - ritenendo che il silenzio, di fronte a parole tanto inopportune, fosse la scelta più sensata. Quando, però, si supera il limite e si arriva, forse paradossalmente con fini opposti, a commenti inappropriati che scadono nella ridicolizzazione è, secondo me, impossibile non replicare".
"Quel che allarma innanzitutto - continua la sorella del giudice - è che sembra si sia smarrito ormai qualunque senso del pudore e del rispetto prima di tutto dei propri sentimenti (che si sostiene essere stati autentici), poi della vita e della sfera intima di persone che, purtroppo, non ci sono più, non possono più esprimersi su episodi veri o presunti che siano e che - ne sono certa - avrebbero vissuto questa violazione del privato come un’offesa profonda".
"Quanto al commento ospitato dal vostro giornale, del quale non riesco bene neppure a comprendere il senso - forse voleva essere una critica al libro della dottoressa Boccassini, ma anche leggendolo più volte non è chiaro - mi pare si sia superato il limite. Questo immaginare scenette da sit-com di basso livello, questo descrivere due persone, che hanno fatto della compostezza e della riservatezza regole di vita e che sono state uccise per difendere la democrazia nel nostro Paese, come ridicoli protagonisti di un romanzetto di quart’ordine è vergognoso. In nome della libertà di espressione del pensiero non si può calpestare la memoria di chi non c’è più e la sensibilità di chi è rimasto e ogni giorno deve confrontarsi con un dolore che non può passare" la conclusione.