due pesi e due misure
Enrico Letta infanga i giudici sul processo Lucano. Ma i magistrati restano zitti sulle bugie
Una particolare forma di disabilità visiva o uditiva deve aver colpito i vertici dell’associazione magistrati. Non si sono accorti della gravità delle parole pronunciate l’altra sera da Enrico Letta contro i giudici di Mimmo Lucano. Fosse accaduto ad altri, le toghe sarebbero già insorte a difesa dell’indipendenza della magistratura contro le ingerenze della politica bla-bla-bla. Nel caso di Enrico Letta tacciono con ignominia. Intervistato da Giovanni Floris sulla sentenza che ha condannato a 13 anni di galera per una ventina di reati Mimmo Lucano, il segretario del Pd se ne è uscito in questa maniera. «La questione della data è quella più clamorosa: non esiste che una sentenza venga espressa tre giorni prima» di una tornata elettorale «in cui Lucano era candidato. Potevano emetterla un mese prima, credo ci fossero tutti i tempi per evitare un impatto così evidente e clamoroso». Giustizia secondo necessità, dunque, per l’onorevole Letta. Una tesi gravissima. Perché si vuole affermare che la magistratura ha deciso di condannare Lucano a tre giorni dal voto per fargli male. Come se la data fosse stata fissata in coincidenza con il voto dal collegio giudicante e non dalla politica.
Quando si sostiene che la giustizia fa di queste cose, sì che se ne mina la credibilità e la fiducia dei cittadini. Ma se la tesi di Letta è falsa – come è dimostrabilissimo – allora è lui che mente al popolo italiano in maniera spudorata. Preso dall’euforia per essere tornato in Parlamento, Letta si deve essere montato la testa. E non si è reso conto della gravità delle sue affermazioni. Per almeno tre motivi. Il primo è che la data del processo non è stata decisa apposta per farla coincidere con la vigilia delle regionali calabresi e delle amministrative. Risale infatti al 17 maggio scorso la richiesta di condanna a 7 anni e 11 mesi dell’ex sindaco di Riace da parte del pubblico ministero. I reati attribuiti – alcuni dei quali «caduti» nella sentenza - furono associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d'asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per presunti illeciti nella gestione del sistema di accoglienza dei migranti nel centro della Locride. È evidente che il pm non sapeva che le elezioni si sarebbero svolte il 3 e 4 ottobre, né il tribunale che fissò le udienze successive fino alla sentenza. Come si permette di attribuire alla magistratura, Enrico Letta, la coincidenza con le elezioni? Il calendario delle udienze fu fissato il 15 marzo scorso. Forse il segretario del Pd farebbe bene a scusarsi con il tribunale di Locri.
In secondo ordine, semmai era proprio Mimmo Lucano a sapere della possibile decisione del giudice – favorevole o contraria a lui – in scadenza a tre giorni dalle elezioni. Perché nel frattempo ad agosto era stata la politica – con un decreto del presidente facente funzione della Calabria Spirlì sulla base della decisione del governo Draghi – a fissare le elezioni il 3 e 4 ottobre. Anzi, in un primo momento erano state previste per la settimana successiva. Di più: a settembre, Lucano era ben consapevole della data dell’udienza, eppure non esitò a firmare la candidatura alle regionali. È stato lui a fissare il proprio destino a tre giorni dalle elezioni. Anche qui: come si permette Letta di addebitare alla magistratura la scelta politica dell’ex sindaco di Riace? Infine, terza considerazione. Provi il lettore ad immaginare se al posto di Letta una dichiarazione del genere l’avesse fatta Silvio Berlusconi, o Matteo Salvini, o Giorgia Meloni. L’associazione magistrati sarebbe scesa in corteo per le strade. Ora tutti zitti.